SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

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Pranoterapia - Il trattamento terapeutico


Giunti a questo punto, possiamo passare a illustrare concretamente quale sia l'oggetto, il contenuto e lo scopo del trattamento in pranoterapia. Escluso nella maniera più netta e rigorosa ogni utilizzo di questa pratica a scopo diagnostico o terapeutico clinico, ossia di cura di qualsiasi patologia, non rimane che portare la nostra attenzione sul suo significato terapeutico, allargando l'interpretazione di questo termine a quella che si riferisce a qualsiasi attività volta alla promozione della salute e del benessere.

In questo senso, la pratica della pranoterapia assume il valore, non soltanto simbolico, di tecnica che permette di entrare in contatto con il cliente in una modalità non invasiva, non inquisitoria, non autoritaria, non tipicamente allopatica e clinica, allo scopo di portare alla luce quali siano le risorse che egli potrà far emergere, sviluppare e utilizzare allo scopo del miglioramento della qualità della sua vita.

La pratica della pranoterapia, in altri termini, assume un significato e un valore solo se utilizzata come percezione e interpretazione puramente soggettiva delle energie corporee come trasmettitori di informazioni. Al di là della sua connotazione simbolica e ritualistica, essa può essere interpretata come una modalità di approccio al cliente attraverso la quale il terapeuta acquisisce informazioni puramente soggettive, che potrà però utilmente restituire al cliente secondo la modalità di relazione tipica del counseling.

Essa assume anche il significato di tecnica che permette di entrare in empatia con il cliente, in tutti i casi in cui quest'ultimo sia un soggetto particolarmente suggestionabile, psicologicamente e intellettualmente debole, con una organizzazione mentale di tipo magico infantile, e quindi pretenda un tipo di approccio impostato sul livello emotivo e affettivo della relazione, o magico, anziché su quello più tipicamente razionale e scientifico.

Sotto il profilo squisitamente psicologico e antropologico, infatti, il processo terapeutico (o il rituale, se si vuole) attraverso il quale una persona che chiede aiuto a un'altra si pone in posizione orizzontale, su un lettino, esponendo i propri organi vitali e ponendosi quindi, simbolicamente, alla mercé dell’altro, assume il significato dell'instaurazione di una relazione fondata sulla fiducia reciproca e volta alla comprensione della condizione interiore, più che di quella patologica, del cliente.

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Il fatto che il terapeuta utilizzi le sue mani (antropologicamente simbolo, tra l'altro, di strumenti di combattimento - si ricordi che la posizione reciproca assunta nella pratica della pranoterapia è la stessa che viene assunta in quella dei sacrifici umani) non per fare del male al corpo inerme che è posto simbolicamente sotto di sé, ossia in una posizione di inferiorità, ma per cercare di percepire la sua condizione interiore e trasmetterli energie positive, rappresenta il vero e unico significato terapeutico da attribuire alla pratica della pranoterapia.

Per questo motivo le mani del terapeuta non toccano il corpo del cliente o, se lo fanno, ciò avviene con un contatto lievissimo, al limite della percezione reciproca. L'imposizione delle mani sul corpo del cliente rappresenta infatti la presa in carico di quest'ultimo da parte del terapeuta in un'ottica di accoglienza, comprensione, ascolto, e la posizione delle mani in corrispondenza delle diverse parti del corpo sta a significare l'attenzione che il terapeuta pone per la persona nella sua globalità. È questo il significato terapeutico dell'imposizione delle mani: non certo quello di trasmettere energie nel senso di cui alla fisica classica o quantistica, ma in quello di trasmettere fiducia e disposizione d'animo benevola nei suoi confronti.

Delle malattie del cliente dovrà occuparsi il medico, ma grande beneficio può dipendere da un approccio non invasivo e non allopatico, con il quale il terapeuta si ponga in relazione con il cliente in un'ottica puramente altruistica di promozione della sua condizione di benessere. In questo senso occorre interpretare il concetto di trasmissione di energia: quella che "passa" all'interno del trattamento di pranoterapia è una energia che si riferisce all'atteggiamento positivo del terapeuta nei confronti del cliente (e dell'umanità in genere, naturalmente) alla sua volontà di fare del bene e, forse in maggior misura, alla sua forza ed energia interiore intesa come capacità di affrontare la vita con coraggio, reclutando e utilizzando in maniera corretta tutte le risorse disponibili, avendo come obiettivo sempre la promozione del bene piuttosto che l'eliminazione del
male.

In questo senso questo tipo di approccio si chiarisce se si fa riferimento al principio di polarità ben rappresentato dallo Yin e dallo Yang o dal’Ha e Tha: le energie negative esistono e non possono essere eliminate in alcun modo perché sono parte della realtà del tutto cosmico e universale. Compito di chi opera tramite le energie non sarà quello di utilizzarle per cercare di contrastare quelle negative (così come viene intesa la medicina nel senso allopatico, ma anche una terapia energetica come la pranoterapia nel senso tradizionale del termine), ma piuttosto quello di ricercare la sintonia con le energie positive del suo prossimo, portarle alla luce, svilupparle e utilizzarle per costruire il bene, anziché opporsi al male.

Tratto dal libro: Manuale di pranoterapia di Davide Lamberti, Guido A. Morina

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Pranoterapia – cenni storici


Nonostante la pranoterapia, nel linguaggio e nell'immaginario popolare, sia riconducibile a una pratica di chiara derivazione orientale, e specificamente indiana, essa è conosciuta in Occidente come pratica terapeutica non necessariamente legata a una tradizione spirituale e tanto meno religiosa. La pranoterapia, infatti, non può vantare precedenti storici precisi quali possono essere quelli ai fondatori ufficiali della pratica, a codici e manuali che ne illustrino tecniche e protocolli, a riferimenti teorici e filosofici che consentano di descriverne lo specifico approccio terapeutico.
In altri termini, essa non è altro che il termine con il quale nel mondo occidentale si descrive e riassume l'insieme di tutte le pratiche di medicina popolare riconducibili a quella più primitiva tra esse, ossia l'imposizione delle mani.

L'imposizione delle mani è un'arte terapeutica della tradizione popolare le cui radici sono antichissime, sia in Oriente che in Occidente, e storicamente certificata da alcune fonti storiche. Essa è sempre stata un fenomeno strettamente connesso con l'attività terapeutica dei cosiddetti "guaritori", ovvero persone che,
secondo i diversi contesti storici, hanno praticato la cura seguendo le pratiche che oggi definiamo etnomediche. La tradizione cristiana ne è profondamente implicata a causa della figura di Gesù, la cui vita adulta, così come descritta nei Vangeli, è in fondo la descrizione dell'attività di un guaritore itinerante.

L'occasione era troppo ghiotta per non cercare di rendere in qualche modo spendibile in termini di marketing tale precedente storico-religioso, per cui pochi decenni fa si è cominciato a costruire ad arte la leggenda dell'esistenza di vere e proprie “terapie essene” (di cui non esiste evidentemente traccia in nessuna fonte storica reale e credibile) come se si trattasse di veri e propri metodi di cura caratterizzati da un impianto teorico, metodologico, da tecniche e protocolli precisi. Tuttavia, questo precedente storico religioso ha comportato un doppio effetto: di avocazione della pratica della imposizione delle mani alle figure ecclesiastiche e all'operare miracolistico e di espressione della fede religiosa spontanea (in modo particolare nell'ambiente protestante).

Bisogna attendere il XVIII secolo perché si facesse avanti qualcuno – Franz Anton Mesmer - che cercasse di emancipare questa pratica (e se stesso, considerato ch'egli stesso era un guaritore) dalla religione, elaborando una teoria fondata sul magnetismo.
In realtà, quello che egli studiò, sperimentò e descrisse era una sorta di forza fisica non misurabile con le apparecchiature dell'epoca (e neppure con quelle attuali) che egli riconduceva in maniera inequivocabile alla natura biologica degli organismi viventi definendola non a caso "magnetismo animale”. Nessun riferimento, quindi, né alla fede religiosa, né alla spiritualità orientale, né a rituali di iniziazione o di avocazione a sé di energie soprannaturali. Egli aprì così un filone che ebbe successo e destò nei secoli seguenti un'attenzione particolare a quei processi psicofisiologici che noi oggi chiamiamo "psicosomatica" e che fu inquinato, in modo particolare nel XIX secolo, dallo spiritismo e dall'invasione della magia, con la complicità del cosiddetto paranormale.

piastra-viola-originaleIn Italia, durante gli anni '50, ha avuto un notevole ruolo Francesco Racanelli, guaritore naturale, che, per poter esercitare il suo lavoro senza dover trascorrere il tempo nelle aule dei tribunali, si laureò in medicina. Fu anche autore di molti volumi, che contribuirono non poco a dare considerazione al ruolo dell'operatore di quella che lui chiamò la «medicina bioradiante» e che dopo qualche anno sarebbe stata definitivamente chiama "pranoterapia".
Contemporaneamente cominciarono ad essere compiuti studi di grande serietà e impegno, in particolare per opera dello psicoanalista Emilio Servadio e del medico Piero Cassoli. Solo negli ultimi decenni essa è stata recuperata a scopo squisitamente commerciale come pratica pseudo medica volta alla cura di patologie, mascherata sotto la forma di una pratica di derivazione spirituale e religiosa che opera a livello energetico (sperando così di porsi al riparo da denunce per esercizio abusivo della professione medica, ma esponendosi a quello non meno grave di abuso della credulità popolare).

Poiché la pratica antichissima della imposizione delle mani è sempre stata legata a una sorta di vocazione ereditaria o di “dono” misteriosamente concesso a seguito di un processo di iniziazione, ossia al superamento di prove di sopravvivenza particolarmente difficili (si pensi all'esilio nel deserto di Gesù Cristo per 40 giorni), essa non poteva essere così facilmente ricondotta a un sistema di cura che potesse affiancarsi alla pratica delle scienze mediche moderne, se non trasformandola in una pratica terapeutica organizzata intorno a un impianto teorico storico e a tecniche e protocolli precisi.

Riguardo al primo, l'impianto teorico e storico fu costruito intorno alla pratica della imposizione delle mani di derivazione orientale, e specificamente indovedica, non perché essa fosse la prima o la più importante tra tali pratiche, ma semplicemente per motivi commerciali, ossia perché la più suggestiva e affascinante in quanto evocativa di un'epoca lontana nel tempo e nello spazio.
Quanto a tecniche e protocolli, essi sono stati elaborati dagli stessi fondatori delle prime scuole di pranoterapia utilizzando semplicemente quella che era la loro pratica quotidiana e personale all'interno della loro attività terapeutica.

Tratto dal libro: Manuale di Pranoterapia di Davide Lamberti, Guido A. Morina

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