SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

slovenia-fiamme

Slovenia 1992

Agosto 1992

Malgrado le notizie, non certo incoraggianti, e la stessa difficoltà a prenotare, per la ex Jugoslavia,qualsiasi cosa, tramite una normale agenzia di viaggi, (solo a sentire che volevo recarmi in “Jugoslavia” , l’impiegato dall’agenzia assunse un atteggiamento tra il diffidente, da chi si sente preso in giro, ed il preoccupato, da chi si vede apparire un matto davanti), e nonostante che Giovanni Inserra, l’amico che prima si era offerto di accompagnarmi, non si trovasse nella condizione psicologica di affrontare alcun viaggio, decido, in ogni caso,  di portare a termine l’azione in oggetto.

 

Il treno o l’auto resta l’unico mezzo con cui dall’Italia è possibile raggiungere la Slovenia. Opto per il treno. Siamo proprio pochi nel treno delle ferrovie italiane che porta fino a Lubiana; solo due scompartimenti occupati nel nostro vagone. Una signora piuttosto giovane dall’aria molto distinta, con un vivacissimo bambino, che il doganiere italiano, disperato, definirà “piccolo Tarzan”, un giovane sui venticinque- trenta anni proveniente da Parma e diretto in Macedonia; in un altro scompartimento una donna anziana, con un abito variopinto e lungo fino ai piedi, sedute accanto a lei due deliziose bambine vestite allo stesso modo, il resto del vagone è vuoto, anche in seguito alle notizie della nostra stampa, le voci della TV, e le ultime immagini pubblicate(sulla Bosnia), la situazione non appare certo, né idilliaca né incoraggiante.

Al passaggio della dogana con la Slovenia nonostante, la normalizzazione e la tranquillità sonnolenti di doganieri ed agenti di polizia, si respira la solita aria di diffidenza tipica dei Paesi dell’Est (o dell’ex Est?).
Il breve viaggio dal confine a Lubiana, si svolge con impressionante tranquillità, gli orari sono rispettati con precisione, (è un miracolo, per me succube del disordine e dell’incertezza del nostro meridione!).
La stazione di Lubiana è tranquillissima, non si nota niente che faccia pensare a profughi o cose del genere. Raggiunto l’albergo telefono all’ambasciata, mezzogiorno è passato da un bel po’, l’ambasciata è chiusa, mi risponde il centralinista: l’Ambasciatore è in vacanza, ma mi passa un giovanissimo funzionario molto cordiale. Con grande sorpresa apprendo di essere atteso (la lettera di Bandiera al Ministro ha avuto il suo effetto!).slovenia-casa-distrutta
Decidiamo di vederci alle 15.
Intanto, data una piccola mancia al portiere, mi faccio indicare un ristorante locale,non mi va la tanto declamata cucina Internazionale dell’Hotel. Mi indica il Šestica, una scelta molto felice, ci tornerò ancora. Alle 15 in punto raggiungo l’Ambasciata, mi riceve il giovane funzionario con cui ho parlato al telefono; dopo un breve colloquio quasi di prassi mi faccio comunicare tutte le notizie in suo possesso (coincidono perfettamente con i dati ufficiali che il giorno dopo rileverò al HCR di Zagabria).
Ci salutiamo, mi chiama un taxi, mi raccomanda di stare attento, lì c’è un “doppio mercato”, con un prezzo per la gente del posto e uno per gli stranieri, ho voglia di ridergli in faccia,ma, faccio la persona educata e lo ringrazio garbatamente del consiglio.
Tornando in albergo rifletto sulla cifra che l’Italia (potenza industriale occidentale) ha già fornito per gli aiuti ai profughi nella vicinissima Slovenia: un miliardo! È assolutamente ridicolo ed inadeguato, all’italiana, per l’appunto.
Il  mattino del 15 mi reco, molto presto, in treno a Zagabria, trovo alloggio in un grande albergo alla “Comunista”: palazzone altissimo e servizi scadenti. Mi metto in contatto, per telefono, con l’Ambasciata d’ Italia, l’Ambasciata è chiusa riesco a parlare con un funzionario il Dottor Giorgio Montanarini, il quale mi dà appuntamento alle 11 e trenta (merita la nomina a cavaliere, lavora anche a Ferragosto!). Raggiungo  l’Ambasciata, conosco Dott. Montanarini,un signore di una certa età, e si dimostra di una eccezionale competenza; sono stato fortunato, è il responsabile di parte italiana per la questione dei profughi, la situazione diventa chiarissima.
Il dottor Montanarini mi mette in contatto con gli uffici dell’HCR, ci salutiamo, salto su un taxi, raggiungo la sede (dell’ HCR), tutto attorno è pieno di fuoristrada bianchi con la scritta UN, sembra una invasione,(forse lo è o sta per esserlo).
Miss Kim, diminuitivo di non so che cosa, è affaccendatissima, mi riceve, cerchiamo di capirci con mio pessimo inglese, mi fornisce i dati che mi occorrono aggiornati al 14 Agosto, il giorno prima. Passo la giornata tra Zagabria e dintorni. Due cose mi colpiscono e sono entrambe preoccupanti: la gran folla di militari Croati e di macchine dell’ONU in giro, ( sembra una vera invasione ), ed il senso di esasperato nazionalismo che si respira per l’aria in Croazia. La mia prima, nettissima sensazione,è che si stia passando  dal “Socialismo” al “Nazional-Socialismo”. Gli Sloveni, invece, sembrano rimpiangere gli Asburgo, e danno allo straniero la sensazione di volersi considerare quasi Austriaci. Resta però ancora l’essenza di un paese dell’Est per molte, troppe cose. Alle 21,30 vado a far visita ad una famiglia di “profughi”, sono ospiti in una vecchia, ben tenuta, dimora che affaccia sulla grande piazza del teatro, in un bell’ambiente tutt’altro che modesto e tipicamente mitteleuropeo, mi aspettavano parecchie persone, tutte dall’aria molto colta e distinta, parliamo a lungo della situazione, beviamo una intera bottiglia di grappa di prugne, l’ultima fatta in casa in Bosnia, mi dicono, ed alcuni caffè alla turca. Sono le 24 mi congedo da loro e vado via; raggiungo una pizzeria vicino all’albergo: è zeppa di giovani, la pizza è addirittura buona, ne mangio una con il peperoncino verde in salamoia, l’accompagno, stavolta, con la universale Coca-Cola. Ho però la brutta sensazione che, nonostante tutti i controlli “nazisteggianti”, in quegli ambienti sovraffollati di giovani, circoli droga, spero di  essermi sbagliato. Ma la stessa sensazione la avrò la sera seguente seduto ad un bar all’aperto lungo il fiume di Lubiana ( haimè! Veramente tutto il mondo è paese!). L’incontro con i “profughi” di Zagabria è stato utile, intanto ho appreso che c’è una comunità Israelitica, e che l’anno prima ha subito un grave, inspiegabile e inspiegato (per la polizia) attentato, e, poi, mi ha dato la sensazione che non tutti siano d’accordo con il nuovo regime, e quello dove sono stato non è certo un ambiente né di comunisti né di conservatori ( tra l’altro il loro livello culturale sembrava altissimo, scoprirò dopo che sono quasi tutti Docenti Universitari). Il giorno dopo mi reco nei nuovi locali della Comunità Ebraica, c’è un agente di Polizia, mezzo addormentato, di servizio alla porta; mi riceve una signora di mezza età gentilissima, quasi materna; mi offre un ottimo caffè alla turca, riusciamo, a stento ad intenderci; nessuno parla bene l’italiano, ad eccezione del Vice-Presidente della Comunità. E’ domenica ed egli è irreperibile. Ci sentiamo per telefono. Il giorno dopo mi darà le notizie che mi interessano.
Sono a Lubiana, sta per partire il treno, se lo perdo, addio vagone letto; è il 17 agosto sarebbe un problema la coincidenza.
Durante il viaggio sono perplesso: perché tutti ci tengono a puntualizzare, subito, che la maggior parte dei profughi sono ospiti presso famiglie? Perché non è facile visitare i campi profughi? Perché tutte quelle “macchine bianche”  targate UN  sono solo in Croazia e non pure in Slovenia?
Ho la netta sensazione che il problema dei profughi  ci sia, ma che si voglia strumentalizzarlo per giustificare una eventuale azione militare, ma, in particolare chissà di chi poi?
E chissà che non ci sia, (è solo una fantasia non impressionatevi), qualche collegamento con i magistrati “supermoralisti” novelli cavalieri “senza macchia e senza paura” (sic!), che, imperterriti, rompono le palle agli imprenditori in Italia….Bo!!!


  • Orazio

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