SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

africa-paesaggio
Algeria – Popolo Tuareg

IL CONFLITTO DI GENERE

LA STORIA DI OUENNESSE E TENNESSE

LA RISOLUZIONE DEL CONFLITTO. Durante la notte si levò la luna e Ouennesse vide che c’era qualcuno nella tenda. Allora, pensando che fosse la sua amata, proclamò una poesia d’amore, le parlò e le disse che l’amava e divise tutte le cose doppie che si trovavano nella tenda assegnandone una a sé e una all’amata.
Infine, Ouennesse si addormentò, così la vecchia signora uscì dal sua nascondiglio e chiese alla madre del ragazzo chi fosse Tennesse perché questa era il motivo della malattia di Ouennesse e la donna rispose che era suo nipote maschio. La donna riferì al marito il fatto, allora il padre prese il figlio e gli disse: “Se vuoi rivedere Tennesse devi diventare un uomo, devi mangiare e crescere, devi imparare a cacciare e a tenere il gregge”, Ouennesse si alzò e il padre gli chiese quale era la differenza tra lui e Tennesse, allora il ragazzo rispose che Tennesse era sua cugina e non suo cugino. Il padre comprese tutto e lo aiutò a diventare un uomo e un vero guerriero.

 

Un giorno Ouennesse disse al padre: “Devo partire! La amo, devo trovarla! Dimmi qual è la direzione che mio zio ha preso quando è partito con la famiglia!”. Il padre rispose: “Erano tristi, così sono andati verso il tramonto”. Ouennesse chiese al padre il permesso di partire. Il padre rispose: “Và nel recinto dei cammelli e porta con te quelli che sono in piedi”.
Ouennesse partì e andò alla ricerca dell’amata, di villaggio in villaggio, senza trovarla, vendette i suoi cammelli e diede i soldi in cambio di informazioni, ma nessuno era in grado di aiutarlo. Vendette tutto quello che aveva, perse tutto senza ricevere nessuna informazione utile. Rimase solo con lo scudo, la lancia e il suo cammello.

 

Infine si sedette triste sotto un albero fino al calar del sole. In quel mentre arrivò un’aquila che gli fece una proposta: “Se tu ucciderai il tuo cammello e lo darai a me, io ti porterò da Tennesse, che è condannata a morire questa sera!” Durante quel periodo il padre di Tennesse si era fermato a vivere in un villaggio in cui abitava anche un mostro, che usciva dalla sua caverna una volta all’anno, e quando succedeva pretendeva di mangiare una ragazza; in caso di rifiuto avrebbe distrutto l’intero villaggio. Così la gente del villaggio ogni volta tirava a sorte per decidere quale ragazza dare al mostro e quell’anno era proprio il turno di Tennesse. Ouennesse uccise il suo cammello e lo diede all’aquila che, preso il giovane in groppa, volò lontano. Infine, l’aquila depose Ouennesse su una palma da datteri. Sotto quell’albero c’era una dama che stava facendo le trecce a Tennesse; lì vicino c’erano due datteri: uno maturo e l’altro no; li colse e li gettò vicino a Tennesse, che cercò di prenderli. La dama esclamò: “E’ strano! Ho già fatto molte trecce a molte ragazze, ma non erano mai caduti datteri!”. Così Tennesse alzò lo sguardo e vide un uomo sull’albero, ma non lo riconobbe, perciò lui le lanciò il suo anello di ferro, che aveva fatto da bambino, allora la ragazza lo riconobbe e comprese che era venuto per aiutarla.

 

Quando la dama ebbe finito di fare le trecce a Tennesse, l’accompagnò alla grotta del mostro e la lasciò sola. Nel frattempo Ouennesse si era nascosto vicino alla stessa grotta e le chiese di raccontargli cosa era successo. Tennesse gli raccontò tutte le sue vicissitudini e Ouennesse le disse: “Sdraiati là nascosta e riposa. Domani mattina se sarò ancora vivo mi vedrai, ma se sarò morto, almeno sarò morto prima di te!”. Così Tennesse si stese sull’erba mentre il ragazzo attendeva l’arrivo del mostro e quando questi arrivò, combatterono tutta la notte, fino all’alba; infine, Ouennesse uccise il mostro, gli staccò la testa e mise il corpo al fianco di Tennesse, che dormiva ancora. La tradizione voleva che fosse la dama che aveva fatto le trecce alla ragazza ad andare il mattino dopo a controllare che il mostro avesse mangiato la sua vittima, ma quando ella arrivò vicino a Tennesse vide che era ancora viva e che il mostro era morto.
Corse allora la villaggio per riferirlo a tutti.

 

Tutti nel villaggio fecero festa, andarono a prendere Tennesse e  il corpo del mostro e tutti i giovani volevano sposare la ragazza, perché era molto bella, ma il padre di lei disse che il marito sarebbe stato colui che avesse portato la testa del mostro in dote. Tutti i giovani tagliarono la testa a qualunque tipo di animale, ma nessuna corrispondeva al corpo del mostro, finché nel pomeriggio comparve un uomo miserabile, tutto ricoperto di sangue, con in mano la testa del mostro. Tutti i giovani fuggirono a quella vista, ma il padre di Tennesse riconobbe il nipote e dichiarò che il matrimonio si sarebbe svolto la settimana seguente.
Nel paese vicino, però, c’era un predatore molto ricco e potente, che conosceva Tennesse e voleva farla sua; così una notte i suoi uomini penetrarono nel villaggio e rapirono Tennesse. Ma una donna, durante la notte , vide sette predoni entrare e otto uscire. Quando Ouennesse seppe che l’amata era stata rapita, declamò una poesia di guerra, prese lo scudo e la lancia e partì alla ricerca della ragazza, ma non ne trovò traccia. Quando la donna che aveva visto i predoni entrare nel villaggio venne a sapere del rapimento di Tennesse andò da Ouennesse e gli raccontò quello che aveva visto durante la notte, riferendogli che i predoni erano diretti verso il calar del sole.

 

Così egli partì alla ricerca dell’amata e andò di oued  in oued, di villaggio in villaggio, di montagna in montagna, di deserto in deserto. Alla fine, stanco e sconsolato, si fermò vicino ad un pozzo per riflettere e lì vicino vide due serpenti che lottavano; uno forte, che stava per avere la meglio, ed uno più piccolo e debole che cercava di scappare. Ouennesse uccise il più forte, quindi proseguì il proprio viaggio sino ad un villaggio situato molto in altro su una montagna. Lì si recò dal forgeron , sempre al corrente di tutti i fatti che accadevano nel villaggio e gli chiese se conosceva una ragazza che era stata rapita. Il forgeron lo guardò e vide l’amore nei suoi occhi, così gli chiese chi fosse, da dove venisse e dove stesse andando. Rispose Ouennesse: “Sono un guerriero, vengo da levante e vado verso ponente e sto cercando l’uomo che osò rapire la mia amata!”. L’uomo gli confermò che quella era la direzione giusta e che la sua amata si trovava nel castello in cima alla montagna, ma che non poteva arrivare fin là perché i predatori difendevano l’accesso al castello. Allora il ragazzo chiese: “Cosa devo fare?” e egli rispose “Cambiati, lascia il tuo vestito da guerriero, la tua lancia, lo scudo e il cavallo e vestiti da povero, potresti riuscire a trovare lavoro nel castello”. Ouennesse seguì il consiglio e riuscì ad essere assunto dal capo dei predoni, come allevatore. Il capo, nel dargli le istruzioni, gli spiegò che doveva esserci sempre un cavallo pronto da montare davanti alla sua porta. Così Ouennesse cominciò ad occuparsi dei cavalli, in particolare di quello del capo dei predoni, che era un animale straordinario, molto forte, in grado di fare balzi da dieci metri e più veloce di tutti gli altri cavalli.

 

Ouennesse riuscì a mandare un messaggio a Tennesse. Una volta all’anno il capo dei predoni organizzava una festa con tutte le mogli, nella quale gli uomini danzavano ed eseguivano esercizi di abilità, mentre lui si divertiva tutto il giorno con le sue donne. Anche Ouennesse fece gli esercizi insieme agli altri, ma ad un certo punto vide la sua amata Tennesse tra le donne del capo dei predoni, così scoppiò in un pianto. Quando gli venne chiesto il motivo delle sue lacrime rispose che a farlo soffrire era il ricordo di quanto viveva nel suo paese e si vestiva come un principe ed eseguiva esercizi migliori rispetto agli altri. Impaziente ed incuriosito, il capo gli diede il proprio cavallo e lo mandò a prendere tutto quello che gli sarebbe servito. Ouennesse prese il cavallo, andò nelle scuderie e con una spina azzoppò la giumenta, che era il secondo cavallo più veloce, quindi si recò dal forgeron e indossò i suoi vecchi abiti, poi tornò alla festa ed iniziò danze ed esercizi molto più belli di quelli che facevano gli altri. Ad un certo punto tese la mano a Tennesse per prenderla in sella con sé, ma lei non lo riconobbe e si ritrasse; il capo dei predoni, credendo che Ouennesse volesse fare degli esercizi con la donna in sella, obbligò la giovane ad assecondarlo.
Ouennesse fece degli esercizi molto belli con la donna al suo fianco, poi si allontanò dal campo; tornò e fece altri esercizi, poi si allontanò ancora per un tempo più lungo; tornò, si allontanò nuovamente e questa volta definitivamente. Il capo disse di aspettare, ma poi capì che non sarebbero tornati e che quell’uomo era il fidanzato di Tennesse venuto a riprendersela. Tutti i predoni uscirono a cercarli e venne riferito loro che i fuggitivi si erano diretti verso il levar del sole. Il capo promise una ricompensa di dieci cammelli femmine bianche, a chi avesse riportato Ouennesse, vivo o morto. Gli uomini andarono nelle scuderie per prendere la giumenta più veloce, ma si accorsero che era stata azzoppata e che il piano era stato ben congegnato. Nel villaggio però c’era un giovane forgeron che possedeva il terzo cavallo più veloce, e questi decise di partire, sapendo solo di dover trovare una persona diretta a oriente, ignaro del fatto che in realtà erano in due.

 

Ouennesse aveva chiesto alla fidanzata di girarsi indietro ogni tanto per controllare che non li seguissero; ad un certo punto la ragazza gli disse di vedere una macchia lontana che rapidamente si avvicinava…. era un cavaliere. Ouennesse si chiese come fosse possibile che un cavallo potesse correre veloce come il loro; il forgeron li raggiunse, chiese loro dove si stessero dirigendo e spiegò che era alla ricerca di un giovane ragazzo partito verso l’oriente, perché era stata promessa una lauta ricompensa per chi lo avesse trovato.
Ouennesse rispose: “Sono io! Hanno rapito la mia sposa ed io sono andato a riprenderla, è per questo che mi inseguono!” Il forgeron comprese la situazione dei due giovani, perciò tornò indietro; ma il capo dei predoni requisì il suo cavallo e mandò ancora i suoi uomini a cercare i fuggitivi, benché fosse ormai trascorsa una settimana. Intanto i due proseguirono il loro viaggio fino a giungere ad un pozzo, dove si fermarono. Ouennesse si svestì, si calò nel pozzo per prendere dell’acqua e chiese a Tennesse di controllare tutto intorno che non arrivasse nessuno; ma la ragazza si lavò, bevve e non si accorse che le era arrivato alle spalle il capo dei predoni, il quale la minacciò: “Se dici una sola parola per avvertirlo io ti uccido! Continua a chiedere acqua!”. Ouennesse dal fondo del pozzo si stupì della quantità di acqua richiesta dalla fidanzata, così la salutò “salamelec”, ma, dal momento  che ella non rispose al salut, Ouennesse capì che qualcosa non andava.

 

Nel frattempo il capo dei predoni si lavò e diede da bere al suo cavallo. Ouennesse risalì dal pozzo molto stanco, trovò il predone e lo affrontò, ma perse e venne legato.
Dopo di ciò il predone cacciò una gazzella, la cucinò al fuoco, battè i pezzi di carne cotta sul corpo seminudo del ragazzo e la diede da mangiare a Tennesse e lei per paura la mangiò. Allora il predone derise Ouennesse: “Vedi? Sei un uomo forte ma io sono più forte e ti ho battuto! Quindi lei deve essere la mia donna!”. Tennesse in realtà non era mai stata la donna del predone, perché amava Ouennesse, quindi rispose: “Torniamo prima al castello!”. Passarono la notte presso il pozzo tutti e tre e, nel buio, passò accanto a Ouennesse il serpente al quale aveva salvato la vita, che era venuto per aiutarlo: il serpente bevve l’acqua che era nella brocca e la risputò nel vaso assieme al proprio veleno.
All’alba il capo dei predoni si svegliò, prese la brocca piena d’acqua e la offrì a Tennesse, e Ouennesse iniziò a declamare una poesia che raccontava che le donne del suo villaggio al mattino non bevono acqua. Il capo gli impose di stare zitto, altrimenti lo avrebbe ucciso, ma Ouennesse ripetè la propria poesia e Tennesse capì che non doveva bere. Così fu solo l’uomo a bere l’acqua avvelenata e morì. Ouennesse chiese alla fidanzata di slegarlo; lei però esitava, temendo la reazione del ragazzo a causa del proprio comportamento: lo aveva tradito, non controllando se stesse arrivando qualcuno mentre Ouennesse era nel pozzo, e aveva mangiato la carne battuta sul corpo del fidanzato. Allora Ouennesse le disse: “ Ma come, non ti fidi di me!?” Io che ti ho cercato di villaggio in villaggio, di montagna in montagna, di oued in oued, che ho ucciso un mostro e poi ti ho cercato ancora, e solo per amore dei tuoi begli occhi!”. Così ella si convinse e lo liberò; Ouennesse si rivestì, prese lo scudo e la lancia e insieme all’amata fuggì lontano con il cavallo e la giumenta del capo dei predoni.

 

Tornarono al villaggio di lei e celebrarono un matrimonio unico, il più bello che si fosse mai visto e dove tutti portarono dei doni. Un giorno Ouennesse disse allo zio: “Nella mia terra natale, l’Hoggar, hanno bisogno di me, devo ritornare a casa con la mia sposa”.
Così intrapresero il lungo viaggio di ritorno e, senza che Ouennesse avvertisse stanchezza, tanto era felice di avere l’amata accanto a sé.
Quando arrivarono nell’Hoggar, la famiglia di lui era diventata molto più grande, fecero una grande festa agli sposi e durante questa festa il padre di Ouennesse chiese al figlio di raccontare la storia del suo viaggio. Così Ouennesse raccontò tutte le peripezie che aveva affrontato per ritrovare l’amata, raccontò del mostro e del capo dei predoni, raccontò tutto, tranne il fatto che la propria sposa aveva mangiato la carne battuta sul suo corpo.
Terminato il racconto, si misero a giocare a baccarat, un gioco in cui due sono i concorrenti, ma possono partecipare tutti, dando suggerimenti e consigli; nella foga del gioco, però, Ouennesse si sollevò le maniche della gandurà  fin sopra le spalle in modo tale che si vedevano le bruciature causategli dalla carne bollente. Un vecchio le notò e sparse la voce: “Ma nel racconto ha spiegato come si è procurato quelle cicatrici?.

 

Si riunì quindi il consiglio degli anziani che lo interrogò e lo accusò: “Sei un traditore! Non ci hai raccontato tutta la verità, non hai spiegato come ti sei procurato le bruciature che hai sul corpo! Quindi ti condanniamo a morte!” Ouennesse si difese: “Se ho taciuto su queste cicatrici l’ho fatto solo per amore di Tennesse! Io ho perso un combattimento col capo dei predoni, che mi ha battuto della carne bollente sul corpo e l’ha offerta alla mia sposa, la quale l’ha mangiata”.
Allora gli anziani interrogarono la ragazza ed ella confermò, quindi condannarono a morte lei, che conosceva la situazione e disse: “Sapevo che avreste preso questa decisione”. Ouennesse si rivolse agli anziani e li pregò: “Se dovete uccidere la mia sposa, almeno fatelo senza  farla soffrire troppo, nel modo più dolce possibile!”.

 

Così cercarono un modo di ucciderla che non fosse troppo doloroso, ma nessuno riusciva a trovare una soluzione, finché un vecchio saggio propose: “Prendere due dromedari giovani e forti, che non siano stato montati da almeno un anno, e legatene uno a un piede e a una mano della ragazza e l’altro dromedario all’altro piede a all’altra mano, quindi spaventateli in modo che scappino in due direzioni opposte, è la morte più rapida che esista”. E così fu fatto.
Il lettore si sta probabilmente domandando per quale motivo gli anziani abbiano condannato a morte Tennesse… Per le colpe dei suoi genitori, che avevano mentito facendo credere a tutti che fosse un ragazzo
Fiaba raccontata da Ahmed Libaïr e tradotta da Federica Ruffo
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