SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

DIRITTO DELL’IMPRESA, DEL LAVORO E NUOVE TECNOLOGIE

 

La nuova disciplina del diritto di interpello

 

Tutela giurisdizionale oggi ed (extra)giurisdizionale domani

 

 Attuando la “tutela giurisdizionale”, il “decreto interpelli e contenzioso” occupa la posizione primaria anche sulla “vexata questio” dell’impugnabilità con un’attenzione sulle risposte negative alle istanze di interpello, come presente nel “Il Fisco” 30/2015 pag.2920.   Abbiamo assistito, nel corso del tempo ad una contrapposizione di posizioni fra la prassi amministrativa dell’Agenzia delle Entrate[1] e una parte della dottrina, che avevano una posizione “negazionista” e la legittimità della giurisprudenza e degli studiosi della materia. Il dibattito ha coinvolto soltanto le istanze di interpello disapplicativo e probatorio ex art.37-bis, comma 8, del D.P.R. n.600/1973, che oggi sono in attesa di essere attuate, per quanto riguarda l’obbligatorietà della presentazione.

La tesi “negazionista” è la tesi a cui aderisce l’Amministrazione finanziaria con riferimento alle risposte negative alle istanze di interpello, che sono prive del potere impositivo, cioè, non recano nessuna pretesa tributaria. Se tali istanze avessero avuto un potere impositivo, avrebbero dovuto contenere l’autoritarietà e l’esecutorietà, ma in questo caso mancano proprio questi due 22 elementi.  Entrando nella sfera giuridica del contribuente-istante, riteniamo che il contribuente rimane “libero di disattenderne il contenuto, “rischiando” l’azione accertatrice”[2].

In mancanza attuale del requisito di una pretesa tributaria “difetterebbe un interesse giuridicamente qualificato” nel caso di una pronuncia giurisdizionale di annullamento, “ai fini dell’impugnabilità di “atti non tipizzati” ex art.19 del D.Lgs.n.546/1992”62. Dunque, la tutela giurisdizionale a questo punto è possibile solo in via “successiva ed eventuale”, in una stretta relazione con gli atti emessi nei confronti del contribuente” discostatosi dalla risposta ricevuta”[3].

Si hanno di conseguenza due punti di vista. Da una parte, l’impugnabilità in parola può essere considerata un’azione di “accertamento negativo” verso il Fisco (esclusa dall’ordinamento tributario con la sentenza n.24011/2007 Cass.,SS.UU.) e dall’altra parte, si tratta della autonoma impugnabilità delle risposte negative a istanze di interpello (ex.art.37 bis , comma 8, del D.P.R.600/1973).

Più che una finalità interpretativa, la risposta guarda verso l’attuazione della normativa e in questo caso l’Agenzia delle Entrate lo applica al caso concreto e personale prospettato dall’istante, esercitando “un potere non discrezionale, bensì vincolante”[4].

La favorevole possibilità di “censura giudiziale del diniego” di interpello disapplicativo e probatorio ex.art.37-bis, comma 8, del D.P.R n.600/1973 è presumibile dalle nuove pronunce della Corte di Cassazione. Con la sentenza del 5 ottobre 2012, n.17010, la Corte sostiene il carattere meramente “facoltativo” del ricorso, ma con la sentenza del 15 aprile 2011, Cass., n.8663 si ritengono le risposte di “de quibus” simili al diniego di agevolazione e in questo caso, sul piano sostanziale, si accerta una sorta di “obbligatorietà” del ricorso. La Cassazione afferma la natura “facoltativa” del ricorso dopo aver ribadito l’autonoma impugnabilità delle risposte negative, precisando che la mancata impugnazione non può pregiudicare il diritto di agire in giudizio

 Il “decreto interpelli e contenzioso” chiarisce l’impugnabilità del diniego d’interpello. In conclusione possiamo affermare che il “decreto interpelli e contenzioso” è un’opera di restyling del sistema vigente.

 

Restyling in quanto prevede l’uniformazione “al rialzo” del procedimento dello interpello, una soluzione innovativa, anche se il desiderio di omogeneizzazione incontra un limite dovuto alla scelta di escludere tout court, le nuove istanze presenti nel “decreto internalizzazione”. Un altro aspetto del restyling riguarda la non impugnabilità delle istanze di interpello, con eccezione per le istanze del interpello disapplicativo e antielusivo, avverso le quali si può proporre un ricorso unitamente all’atto impositivo. Come approfondito nel “Il Fisco”no.30/2015 pag.2922, la scelta di non impugnabilità delle istanze di interpello potrebbero “rischiare di comprimere il diritto di difesa, soprattutto laddove la fase extragiudiziale post-interpello (disapplicativo) dovesse risolversi in un mero atto dovuto”.

 

 Andrea Melania Dott.ssa DUMITRU

UNIVERSITA’ TELEMATICA INTERNAZIONALE «UNINETTUNO»

Facolta’ Di Giurisprudenza

DIRITTO DELL’IMPRESA, DEL LAVORO E NUOVE TECNOLOGIE              

ELABORATO FINALE IN DIRITTO TRIBUTARIO                                                 

IL DIRITTO D’INTERPELLO                                                              

Statuto del contribuente presente nell'art 11 della legge 212/2000 come modificato dall'art 156/2015

Anno accademico 2020/2021

 

[1] Cfr..circolari n.7/E del 2009 e n.32/E del 2010, in materia di “società non operative”, circolari n.5/E del 2007 e n.14/E del 2007.

[2] Cfr..F.A.Cimino, Il diniego di disapplicazione della normativo sulle società ed enti non operativi: impugnazione necessaria o facoltativa? , in “Rassegna Tributaria” n. 4/2013, pag.749

[3] Cfr. Il Fisco 30/2015 pag.2921

[4] come presente nel “Il Fisco n.30/2015 pag. 2921 e Cfr.F.A.Cimino, Il diniego di disapplicazione della normativo sulle società ed enti non operativi: impugnazione necessaria o facoltativa?, in “Rassegna Tributaria” n. 4/2013, pag.749

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