SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

DIRITTO DELL’IMPRESA, DEL LAVORO E NUOVE TECNOLOGIE

La nuova disciplina del diritto di interpello                                 

La risposta all’ Amministrazione finanziaria

 

In primis dobbiamo affermare che la presentazione delle istanze non ha effetto sulle scadenze, e nemmeno sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta in nessun modo 19 interruzione o sospensione dei termini di prescrizione come indicato nell’art.11, comma 5 del Decreto[1]. L’istanza dunque dovrebbe essere presentata prima della scadenza dei termini ordinari (senza tener a questo punto conto della validità delle dichiarazioni nei 90 giorni successivi)[2]. Questa anticipazione è opportuna in quanto si evita di dover ripresentare la dichiarazione nel caso di risposta negativa[3].                                                                  

Il Decreto Legislativo 156/2015 ha messo in campo importanti novità di carattere temporale in merito alle risposte fornite dell’Amministrazione Finanziaria: vengono previsti nuovi termini di erogazione della risposta: un termine entro 90 giorni dalla ricezione dell’istanza da parte dell’ufficio competente per gli interpelli ordinari, anche interpello “puro” e “qualificatorio” ; un termine di 120 giorni per tutte le altre tipologie di interpelli, rendendo così più efficiente la disciplina degli stessi[4].                        

Il legislatore ha previsto una sostanziale riduzione dei tempi di risposta e l’introduzione del principio di perentorietà. Si conferma la regola del silenzio-assenso[5] che, prima prevista solo per le istanze di interpello ordinario, ora viene estesa a tutte le istanze di interpello.                                                                                                                   

Nel caso di interpello ordinario, i tempi di risposta si riducono di un quarto, da 120 giorni a 90 giorni e nel caso di interpello anti elusivo/anti-abuso vale il nuovo termine (perentorio) di 120 giorni che riduce “l’attuale tempistica, complicata e allungata (fino ad almeno 150 giorni) dal vigente sistema della previa diffida”[6]. Come menzionato nel “Il fisco” 30/2015 pag. 2918, si effettua un discorso ben diverso per quanto riguarda gli interpelli disapplicativi e probatori (inquadrati nel procedimento ex art.37-bis, comma 8, del D.P.R n.600/1973, con riferimento alle società non operative”,) per il termine che da 90 giorni (previste dal D.M. 19 giugno 1998,n.256) passa a 120, considerando a questo punto un “arretramento rispetto all’auspicato indirizzo di velocizzazione e sburocratizzazione indicato nella legge delega”.                                                                                                          

La regola del silenzio assenzio garantisce al contribuente il rispetto del principio di perentorietà della risposta da parte dell’Amministrazione Finanziaria in quanto è previsto nell’art.1, comma 3 dello Statuto dei diritti del contribuente: “Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente.                                                                                           

Cosi viene data la libertà di rettifica del parere da parte dell’Amministrazione Finanziaria, in ogni caso che la risposta (il parere) è stata data in maniera diretta o abbia avuto natura tacita. La disposizione di rettifica, contenuta nell’art.11, comma 3 dello Statuto dei diritti del 20 contribuente ha delle notevoli conseguenze sugli effetti prodotti dal parere, che si inquadra nel contesto “potere-dovere di auto-tutela dall’Ufficio competente, potendo risolversi in una modifica sia in melius, che in pelius per il contribuente destinatario, fermo restando, in quest’ultimo caso, l’impossibilità di muovere contestazioni (sul passato) all’istante che sia adeguato alla risposta dell’Agenzia delle Entrate, né in termini di imposte, né in termini di sanzioni”[7]. A questo punto possiamo affermare che l’ipotesi di rettifica può avvenire unicamente nel caso di una risposta scritta cosi l’amministrazione può ritenere valido di modificare “a seguito della costatazione di errori commessi nella formulazione originaria”[8].

Un'altra novità presente nello Statuto consiste nell’ipotesi in cui la stessa amministrazione provvede a dare pubblicità alle risposte fornite in sede di interpello, come presente nell’art. 11, comma 6 dello Statuto dei diritti del contribuente: “L’amministrazione provvede alla pubblicazione mediante la forma circolare o di risoluzione delle risposte rese nei casi in cui un numero elevato di contribuenti abbia presentato istanze aventi ad oggetto la stessa questione o questioni analoghe fra loro, nei casi in cui il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi chiarimenti ufficiali, nei casi in cui segnalati comportamenti non uniformi da parte degli uffici, nonché in ogni altro caso in cui ritenga di interesse generale il chiarimento fornito. Resta ferma, in ogni caso, la comunicazione della risposta ai singoli istanti”. La necessità di pubblicare il parere avviene quando la medesima questione o quelli analoghi sono presentate da un numero elevato di contribuenti o quando sulla questione oggetto dell’istanza l’amministrazione ha preso conoscenza di comportamenti non uniformi da parte degli uffici o semplicemente quando l’amministrazione stessa ritenga di interesse generale il chiarimento fornito.                                                                 

La decisione sulla pubblicazione è sempre data dalla Direzione Centrale, per i semplici motivi di uniformità di interpretazione ed applicazione delle norme territoriali. L’articolo 5 del Decreto legislativo 156/2015 prevede le cause di inammissibilità dell’istanza in quanto è previsto per le istanze che sono prive di requisiti dei dati identificativi del contribuente o della mancata descrizione della fattispecie per cui si richiede il parere; in caso in cui le istanze non sono presentate preventivamente (prima della scadenza dei termini di 21 presentazione della dichiarazione); quando non sono presenti condizioni di incertezza; per le istanze sulle quali il contribuente ha già ottenuto un parere (ad eccezione di quelle in cui vengano indicati elementi di fatto o di diritto nuovi); per quanto riguarda interpello dei nuovi investimenti e degli interpelli richiesti in regime di adempimento collaborativo[9] e anche nei casi in cui, il contribuente è invitato a integrare i dati che mancano ai sensi del comma 3 del’art.3 e non provvede alla regolarizzazione nei termini previsti. In tutti casi di inammissibilità, l’amministrazione provvede a fornire una risposta al contribuente spiegando i motivi di inammissibilità senza alcun riscontro nel merito della questione, nemmeno a titolo di consulenza giuridica[10].                                

Gli interpelli, nelle originarie intenzioni del legislatore, dovevano essere “strumenti dalla natura non meglio identificata-oscillante fra la meramente accertativa[11] e quella di accordo bilaterale amministrativo tributario”[12] per tutelare il contribuente, con lo scopo finale di garantire il suo diritto di conoscere in anticipo, nelle situazioni di incertezza, la posizione dell’Amministrazione finanziaria, con il fine ben preciso del “legittimo affidamento su di essa[13], marcate differenze rispetto all’iter da seguire , ai soggetti che inoltrano l’istanza, alla tempistica e agli effetti dovuti alle risposte dell’Amministrazione finanziaria, si riscontra un problema di iperproliferazione di procedure.

 

 

 

Andrea Melania Dott.ssa DUMITRU

UNIVERSITA’ TELEMATICA INTERNAZIONALE «UNINETTUNO»

Facolta’ Di Giurisprudenza

DIRITTO DELL’IMPRESA, DEL LAVORO E NUOVE TECNOLOGIE              

ELABORATO FINALE IN DIRITTO TRIBUTARIO                                                 

IL DIRITTO D’INTERPELLO                                                              

Statuto del contribuente presente nell'art 11 della legge 212/2000 come modificato dall'art 156/2015

Anno accademico 2020/2021

 

 

[1] Corriere Tributario 22/2016 pag. 1709 Circ. 1 aprile 2016, n.9/E, Statuto del contribuente.

[2] Corriere Tributario 22/2016 pag. 1709 Circ. 1 aprile 2016, n.9/E, Statuto del contribuente.

[3] Corriere Tributario 22/2016 pag. 1710 Circ. 1 aprile 2016, n.9/E, Statuto del contribuente.

[4] Cfr. Art.11 comma 3 dello Statuto del Contribuente; come commentato nel “Approfondimento in materia di fiscalità e diritto tributario, Il tributo, numero 17 del 2016 pag.13.

[5] Cfr. Il Fisco del 30/2015 pag. 2918 e riferimento “Diritto e pratica tributario internazionale n.3/2016 pag.852.

[6] con riferimento al Il Fisco, 30/2015 pag.2918.

[7] con riferimento “il Fisco”, 30/2015 pag.2918

[8] con riferimento “Il Fisco”, 30/2015 pag. 2918

[9] come presente nel art.2 del D.lgs.147/2015: “L’interpello sui nuovi investimenti è un’istanza che può essere rivolta all’Agenzia delle Entrate da parte degli investitori, italiani o stranieri, che intendono effettuare nel territorio dello Stato importanti investimenti, aventi un valore non inferiore a trenta milioni di euro, con rilevanti e durature ricadute occupazionali. Gli investitori interessati possono formulare, mediante presentazione di un’istanza unitaria, quesiti riconducibili ad una o più tipologie di interpello disciplinate nello Statuto dei diritti dei contribuenti (interpretativo, qualificatorio, probatorio e antiabuso), nonché presentare istanze dirette ad individuare con certezza il complessivo trattamento tributario applicabile al business plan descritto. L’istanza d’interpello deve essere presentata alla Direzione Centrale Normativa- Ufficio Interpelli Nuovi Investimenti o, per i soggetti in regime di cooperative compliance, al competente ufficio della Direzione Centrale Accertamento, e deve contenere la descrizione del business plan che può prevedere operazioni di asset deal e che di share deal”.      

[10] M.Miccinesi, L’interpello, cit.91; F.Pistolesi, Gli interpelli tributari, cit.,72.

[11] M.Miccinesi, L’interpello, cit.91; F.Pistolesi, Gli interpelli tributari, cit.,72.

[12] M.Versiglioni, L’interpello nel diritto tributario, cit.,332, Accordi amministrativi (diritto tributario), in S. Cassese, “Dizionario di diritto pubblico”, I., Milano, 2006, 91.

[13] G.Morangiu, “Riflessioni sul diritto d’interpello”, in Corr.trib.,2002, 1408;G.Melis, “L’interpretazione nel diritto tributario”, cit.,566,M.Miccinesi, L’interpello, in G.Marongiu, (a cura di), Lo statuto dei diritti del contribuente, Torino, 2004, 96; M.VERSIGLIONI, “L’interpello nel diritto tributario”, Perugia, 2005, e Id., Interpello (diritto di), in S.Cassese (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, IV, 2006, 3177; L.Del Federico, “Autorità e consenso nella disciplina degli interpelli fiscali”, in AA.VV.,S.La Rosa (a cura di), “Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario”, Milano, 2008, 155 ss.

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