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Categoria: SPORT E STORIA

olimpiadi

Organizzazione dei Giochi Olimpici

 

I giochi solenni in Olimpia erano organizzati ogni quattro anni, durante la stagione estiva, nelle calde giornate dell’estate subito dopo il solstizio, e sempre, durante la luna piena, che secondo il calendario vigente, cadeva nel mese di Luglio e qualche volta in Agosto. L’intervallo di quattro anni, tra l’organizzazione dei giochi e i successivi, era chiamato Olimpiade e fu usato per il calcolo e la marcatura d’eventi storici. Durante i primi tredici giochi, poiché in Olimpia, la disciplina per cui si gareggiava nei solenni giochi era sola una e ogni Olimpiade era ricordata con il nome del vincitore di questa. Più tardi gli eventi  storici erano ricordati in base all’entità dei giochi.

Dal 776 al 684 g.  a.C., i Giochi si svolgevano in un solo giorno.Poi furono aggiunte altre discipline (es. la corsa con le bighe) e così, la durata degli stessi passò a due giorni. Quando nel 632 g. a.C., s’introdussero i giochi per i ragazzi, la durata fu estesa a tre giorni.
Poiché, in seguito furono introdotte molte altre gare, dal 472 g.  a.C. ebbero una durata di cinque giorni.
Nel V secolo a.C., Hipias da Elide, stilò il primo elenco dei vincitori di Olimpia e segnò tutti i giochi svoltisi fino allora; più tardi numerosi autori (tra cui Aristotele) completarono la lista, registrando altri dati dei Giochi svolti.
Gli abitanti di Elide dimostrarono sempre ampiamente di essere in grado di organizzare la manifestazione con cura e dovizia.
I più alti rappresentanti dei Giochi erano i giudici dei Giochi (Helanodici), e il loro compito non fu mai, per niente, facile.
Si distinguevano, poiché Indossavano degli abiti viola; per ogni Olimpiade, essi erano estratti a sorte tra persone presenti in Elide d’elevato rango.
Gli Helanodici, erano responsabili dell'organizzazione dei Giochi, dell'applicazione e rispetto delle regole.
Essi potevano comminare la squalifica dai giochi agli atleti, per violazione delle regole e, punire chi fosse stato coinvolto in un reato punibile con la pubblica fustigazione.
Al Santuario di Altis, ognuno aveva personale di riferimento incaricato di portare le offerte votive per i sacrifici; la cerimonia era guidata e coordinata da tre sacerdoti.
Gli Helondici, avevano assegnato a tre spondofori (banditori) il compito di andare in tutte le città greche, per annunciare l'ora esatta dei giochi.
Esistevano anche i profeti, discendenti di due grandi famiglie di Elisa: Jamida e Klitaida.
Questi profeti avevano una speciale reputazione.
Essi potevano sostituire i sacerdoti che guidavano le vittime al sacrificio, o quelli che suonavano gli Aulos, o giocatori, o organizzatori di eventi, oltre ad avere altre particolari prerogative.
Alla fine, gli Helanodici erano aiutati da alita (una specie di steward), mastigofori (quelli che frustavano) e rabduci (quelli che infliggevano le punizioni).
Già dieci mesi prima dell’inizio dei Giochi, gli Helanodici venivano alloggiati in un edificio isolato di Elisa, ove erano istruiti per compiere la loro missione.
Gli atleti, già un anno prima, dovevano riferirsi ai suddetti per partecipare alle gare.
Con l'annuncio della tregua “pace santa”, gli atleti, gli ospiti ufficiali e i fedeli si portavano a Olimpia.
Coloro che dovevano partecipare ai Giochi, giungevano un mese prima con gli allenatori per prepararsi ed eseguire tutte le verifiche necessarie.
Durante gli ultimi mesi d’allenamento intenso, gli atleti apprendevano anche i principi della lealtà sportiva.
Alla gara sportiva potevano partecipare tutti i Greci liberi, che non avevano violato la legge, che avevano già dimostrato le loro capacità di competere e giurato di combattere con onore.

Gli spettatori potevano essere sia stranieri sia schiavi, ma solo uomini.

L’unica donna, ammessa ad assistere ai solenni giochi, era la sacerdotessa Demetra Samina.
Qualsiasi violazione di questa regola era punita con la morte, cioè la poveretta sarebbe stata scaraventata giù, dalla cima della montagna Tipao.
Pausania, tuttavia, ha affermato che non si è registrato alcun caso di punizione.
Come ogni regola, c’è la sua eccezione, aveva confermato Kalipatira.
Il figlio partecipò nella lotta libera, ai solenni giochi del 396 a.C..
Kalipatira, dopo la morte del marito, fu costretta a curare da sola la formazione del figlio.
Era anche il suo allenatore.
Per entrare allo stadio, dovette mascherarsi da maschio.
Tuttavia, quando suo figlio divenne il vincitore della gara, come ogni madre, non riuscì a trattenersi, e gli corse incontro, facendosi scoprire. 
Poiché apparteneva a famiglia legata ai precedenti noti vincitori olimpici, fu perdonata, e da allora gli atleti e gli allenatori dovevano presentarsi nudi allo stadio.

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