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Categoria: ARCANI STUDI E RICERCHE

porta magica

La porta magica

…e il più grande segreto che esiste. Dobbiamo solo scrutare ed immergerci dentro questa dimensione. La chiave è la nascosta ma c’è il vello d’oro, un incantesimo  tutto  riconducibile alle stelle ai segreti del cielo. Se si riesce a trovare una chiave si può andare nell’infinito e dentro si può trovare la pietra filosofale, colei che dà l’immortalità, l’onniscienza, e la possibilità di tramutare in oro i metalli vivi. 

La porta alchemica oggi conosciuta come porta magica è l’unica sopravvissuta delle cinque porte di villa Palombara. E la sua costruzione risale al 1680, come scritto sull’arco della porta perduta del lato opposto. Il disegno sul frontone ha due triangoli sovrapposti con iscrizioni in latino, la punta superiore occupata da una croce collegata ad un cerchio interno e la punta inferiore dell’esagramma occupata da un oculus: il simbolo alchemico del sole e dell’oro.

Alla fine dei 600 nella borghesia emergente europea si diffuse il bisogno di liberarsi delle influenze culturali delle organizzazioni cattoliche che possedevano gran parte di università, delle strutture di assistenza, degli ospedali e dei circoli scientifici e che facevano capo al potere sovranazionale della chiesa di Roma. Nacque allora il bisogno di creare una cultura alternativa che si riferisce alle grande civiltà del passato, gli egiziani, gli ebrei, i greci, i fenici, sino ai romani, all’alchimia laica e che, per mezzo di personaggi particolarmente dotti, darà inizio all’Illuminismo, al Neoclassicismo, e pochi decenni più tardi alla massoneria sino alle riforme napoleoniche. La Porta Magica, eretta dal Marchese di Palombara, rappresenta quindi il passaggio tra il potere papale e la nuova borghesia, così come la Piazza Vittorio Emanuele rappresenta il passaggio dal potere temporale a quello della monarchia savoiarda, figlia invece della nuova cultura europea.

Sull’epigrafe della Porta Magica(Alchemica, Ermetica o Porta dei Cieli) di Piazza Vittorio, ingresso del laboratorio in cui il marchese di Pietraforte, Massimiliano Palombara, ricercava la pietra filosofale alla metà del Seicento è scritto: “Oltrepassando la porta di questa villa, lo scopritore Giasone (secondo leggenda, l’alchimista milanese Giuseppe Borri, finanziato dal marchese ottiene il vello di Medea(d’oro). Lo studioso riuscì a trasformare il piombo in oro ma, perseguitato dall’Inquisizione papale, dovette partire e lasciò le sue formule incomprensibili al marchese che lo fece incidere sulla porta d’ingresso affinchè qualcuno potesse svelarne l’arcano. I simboli alchemici lungo gli stipiti della porta seguono la sequenza dei pianeti associati ai corrispondenti metalli: Saturno – piombo, Giove – stagno, Marte – ferro, Venere – rame, Luna – argento, Mercurio – mercurio, sole – oro. Tutto dall’oculus dell’esagramma alle statue della divinità egizia Bes – rimanda all’oro e alla trasformazione archetipica (tra ciò che è e ciò che sembra). Ad ogni pianeta viene associato un motto ermetico, il percorso da seguire dal basso in alto a destra e dall’alto in basso a sinistra, secondo la direzione indicata dal motto in ebraico Ruach Elohim, indica che ci troviamo in un momento di passaggio dal cristianesimo a un nuovo modello spirituale che si stava sviluppando nel Seicento. 

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