CENNI STORICI SUL CADORE
GLI AVVENIMENTI
Premessa
Come è noto nel piano strategico del Comando Supremo, per quanto esso rifletteva l’azione sul fronte Cadorino, esisteva il concetto di irrompere decisamente oltre il confine fra i Passi di Campolungo e di Monte Croce Comelico ed impadronirsi del solco di Val Pusteria, ottenendo così doppia libertà di manovra: sia verso est, per concorrere con le truppe della zona Carnia a fiancheggiare la grande azione di rottura sulla fronte Giulia, sia verso ovest, per impadronirsi del nodo di Fortezza e così nettamente tagliare le due vitali arterie di rifornimento alle truppe nemiche operanti nel saliente Trentino.
Tale concetto, altamente vantaggioso alla causa delle nostre armi, non ebbe purtroppo la sua pratica attuazione, sia perché troppo modesti risultarono i mezzi offensivi a disposizione , specie in fatto di artiglieria di medio e grosso calibro, sia perché asprissimo e bene organizzato era il terreno di frontiera da varcare per la manovra in campo libero.
La lotta, quindi, sul fronte Cadore-Agordino ben tosto si stabilizzò sulla linea degli sbarramenti nemici (le fortificazioni, cioè, di La Corte e Valparola, che chiudevano l’accesso alle valli di Livinallongo e di Abbadia e quelle di Landro. Plätzwiese e Sexten (Sesto), che proteggevano gli accessi alle valli della Rienza e della Drava) assumendo nel suo ulteriore sviluppo le peculiari caratteristiche della guerra di montagna; con combattimenti cioè a valore tattico locale, miranti essenzialmente a migliorare le rispettive situazioni tattiche ovunque sfavorevoli, ed a richiamare sul fronte Cadorino l’impiego di adeguate masse avversarie, concorrendo così indirettamente al successo del piano generale d’azione. Implicito poi nei detti combattimenti, lo scopo di sviluppare nelle truppe lo spirito offensivo, onde averle pronte per la manovra di movimento in grande stile, nel caso che le circostanze l’avessero resa possibile.
Sulla fronte del Cadore era destinata ad operare la 4ª Armata, comandata dal tenente Luigi Nava e composta dei Corpi d’Armata I e IX.
Da parte austriaca, tutta la fronte dello Stelvio al monte Peralba (presso il confine della zona Cadorina con la Carnia) era stata affidata ad un unico comando (Landsverteidegiungskommando in Tirol), residente ad Innsbruck. Tale zona era poi ripartita in cinque settori ( Subrayon); dalle sorgenti dell’Adige al Peralba si estendevano i settori IV e V, aventi per punto di giunzione il passo Fedaia; era presidiato il primo dalla 90ª Divisione, il secondo dalla Divisione Pusterthal.
Erano da aggiungere a queste forze i presidi delle batterie e l’Alpenkorp bavarese (formato da due brigate di truppe da montagna, 9 batterie e 3 squadroni) che, mandato in aiuto all’Austria dall’alleata Germania, giunse sulla nostra fronte ai primi di giugno.
Forze non certo molto numerose erano quelle che il nemico di opponeva, ma bisogna considerare che il numero era largamente compensato dalla natura eccezionale del terreno, dalla presenza di numerose fortificazioni e dai mezzi di difesa, infine, dei quali le truppe avversarie erano largamente provviste. Il Comando austriaco, inoltre, aveva con molto accorgimento prescelto una linea di difesa, la quale abbandonando a noi qualche tratto di terreno, gli consentiva di occupare dappertutto posizioni dominanti e di difficile accesso; ogni strada importate era sbarrata, ogni valico sorvegliato dall’alto, ogni valle infilata allo sbocco di un’altura, si ergeva a guardia: così il Sasso di Stria, in Val Costeana; il Som Pauses in Val Boite; il Monte Piana in Valle Ansiei.
Tratto da:
CENNI STORICI SUL CADORE
edito dalla
BRIGATA ALPINA CADORE
SM – UFFICIO OAIO
Generale di Brigata (ris) Antonio GELSOMINO