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Categoria: Commenti Signora Ava e Francesco Jovine

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La sofferenza altrui mi lacera il cuore - Francesco Jovine

All’idea centrale della terra, nella produzione joviniana s’intrecciano fino a fondersi in una corposa composizione di ampio respiro storico altre tematiche narrative come l’immobilità della provincia molisana, la difficile situazione dello studente di provincia, un sentito bisogno di rinnovamento cristiano, i problemi dell’urbanesimo e dell’industrializzazione l’iniziale sviluppo del capitalismo nel Sud, il premere delle masse popolari.

La presenza e l’influenza di tutti questi aspetti nella sua produzione narrativa indicano la modernità e l’autenticità umana della poetica joviniana. Nel saggio Francesco Jovine scrittore molisano a cura di Francesco d’Episcopo, Giulio di Rocco, figlioccio del nostro autore delinea così il ritratto umano dello scrittore molisano, a cui fu legato da profondo affetto. Francesco Battista Beniamino Viadomiro Jovine era un uomo mite, un uomo buono e pacifico per indole, per formazione e per scelta. Era cordiale, aperto e disponibile capace di ascoltare, d’immedesimarsi e condividere. Usava ripetere: La sofferenza altrui mi lacera il cuore.

Con quanta pena e accoramento scrive: “Io ho visto contadini portare la terra con le corbe dal piano al monte, per rendere unifera una pietraia arida …, difendere a colpi di zappa un ciglione o un palmo di maggese. Era fondamentalmente un mansueto, perfino nell’aspetto fisico. Eppure, come tutti i mansueti, aveva a volte qualche impennata di sdegno, qualche scoppio improvviso di collera … Letterariamente è annoverato tra i neorealisti, ma io credo che nell’intimo del suo animo egli fosse un inguaribile romantico, uno che sentiva le cose con profonda vibrazione interiore: ammirava la bellezza della natura, che scopriva seguendo il padre nella perlustrazione dei campi o nelle scampagnate con gli amici, e avvertiva con simpatia e coinvolgimento i problemi e le angosce della sua gente. Il legame profondo con la sua terra, quel rapporto di passione e di sangue che egli viveva con essa, è segno del più nobile romanticismo. Era uno che sognava una società migliore e si batteva per realizzarla. Uno che sperava, con il suo favore, di contribuire a liberare il popolo dall’ingiustizia e dai soprusi, come dalla passività e dalla rassegnazione abulica.

Lo dice egli stesso chiaramente in un passo di una sua lettera del gennaio ’48: << Io, caro Giulio, lavoro e scrivo con la speranza di fare un po’ di bene ai miei simili, e subito dopo aggiunge, come preso dal dubbio: è soltanto una speranza, purtroppo, non una certezza.  Anche questo è un brandello dell’umanità di Jovine, che ci colpisce e commuove>>*.

 

Vincenza Dott.ssa CASILLO

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI «FEDERICO II»

DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI

CORSO DI LAUREA IN LETTERE MODERNE

ELABORATO DI LETTERATURA ITALIANA

Signora Ava (1942) di Francesco Jovine il Molise contadino e l’Unità d’Italia

ANNO ACCADEMICO 2012-2013

*F. D’Episcopo, F. Jovine scrittore molisano, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1994, pag 73-74

Immagine:morguefile

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