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Categoria: DIRITTI DELL'UOMO

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Rispetto delle prerogative primarie dell’individuo

 

Anno 2009_03 Dicembre

Il 3 Dicembre la LIDU, particolarmente sorpresa, infastidita ed amareggiata per la “piega” che ha preso, nell’opinione pubblica e nell’ambito del cosiddetto mondo politico, sempre alla ricerca, in base alla metamorfosi del postulato cartesiano “Cogito ergo sum” in “Appareo ergo sum”, di facile consenso, entra a piè pari, come s’usa dire, nella polemica insorta nel Paese a motivo della sentenza della Corte Europea che, su sollecitazione di parte, ha ordinato all’Italia di rimuovere dai luoghi pubblici il crocefisso.

Stila, infatti, e fa pervenire alla stampa un comunicato che, nel prendere posizione in merito alla sentenza, tratta anche del referendum svizzero sui minareti.

 

È questo un comunicato che, con riferimento specifico alla valenza del “deliberato” del Tribunale europeo, rileva quanto questo si rifaccia ai Diritti Fondamentali dell’Uomo, che, direttamente ed indirettamente, se correttamente interpretati, testificano l’illegittimità di ogni e qualsiasi atto che discrimini il cittadino, qualunque esso sia e comunque la pensi.

Per quel che si riferisce al referendum, dichiara, poi, in sintonia con l’opinione di rari giuristi ed intellettuali italiani e svizzeri, che il quesito sottoposto a voto era, senz’altro, da reputarsi patentemente incostituzionale, in quanto non poteva e non doveva essere promosso su materia in merito alla quale, fatta salva la necessità di rispettare le norme sull’edilizia predisposte da ogni singolo Paese, Regione o Municipio, nella Confederazione, come in qualsiasi altro Stato del mondo, a nessuno può essere impedito di costruire, da solo od insieme ad altri, il manufatto che più gli aggrada.

Il comunicato, su questo punto, rileva, insomma, che il quesito sottoposto ai cittadini svizzeri, fa parte, in quanto lesivo dei Diritti Fondamentali d’ogni persona, di materia “indisponile” per qualsivoglia pronuncia di voto.

Due fatti soprattutto hanno attirato la nostra attenzione e suscitato il nostro interesse di osservatori e garanti del rispetto delle prerogative primarie dell’individuo, secondo i canoni fissati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Il primo riguarda i riflessi interni, ovvero le “prese di posizione” di varie parti politiche e religiose italiane, in merito alla sentenza dell’Alta corte di Strasburgo che impone alle diverse autorità laico-amministrative del Paese la rimozione del Crocefisso, in quanto simbolo confessionale di una religione a discapito della libertà di culto, ovvero di chi si professa agnostico, miscredente od ateo.

Il secondo riguarda, invece, il recentissimo referendum svizzero in merito al divieto di edificare minareti a suffragio della cospicua minoranza musulmana che colà risiede.

Anche se i due fatti appaiono sostanzialmente diversi in termini di procedure adottate, risultati conseguiti ed effetti auspicati, pur tuttavia, possono essere ritenuti, per così dire, le due facce di una stessa medaglia, ambedue attinenti l’intolleranza verso la libertà degli individui ed un grave vulnus alla sacralità dei diritti dell’uomo.

Se, infatti, guardiamo al primo caso, mentre la sentenza dell’Alta Corte di Giustizia ha ribadito il concetto di assoluta uguaglianza tra individui della stessa specie, senza discriminazione di fede, razza, sesso, convinzione politica etc., chi si “imbanchetta” pretestuosamente gridando allo scandalo ed attribuendo al simbolo della crocifissione valori universali erga omnes, pecca su due fronti, quello della laicità dello Stato che, come tale non può che considerare uguali i suoi cittadini senza distinzione di fede, e quella della religione che, come manifestazione di libero pensiero, è per ciò stesso di parte.

Quanto al secondo, mentre alcuni avveduti osservatori politici e uomini di legge di sicura virtù giuridica, arrivano a ritenere che aver svolto un referendum sulla edificabilità o meno di altri minareti sul territorio elvetico, è, di per sé, a prescindere dal risultato, un atto assolutamente incostituzionale, per quel che ci riguarda, riteniamo addirittura che, nella fattispecie, si sia addirittura prodotto un vulnus gravissimo a carico della sacralità dei Diritti Universali dell’Uomo, in quanto non è nella disponibilità di nessuno Stato democratico la potestà di chiamare i cittadini a delibare una materia attinente le più che legittime aspirazione di ogni individuo a manifestare la propria fede ed il proprio pensiero anche attraverso particolari strumenti o simboli di identificazione e di richiamo.

Per chi, poi, giustifica la scelta fatta ed il risultato conseguito, cercando “copertura” nella mancanza di reciprocità da parte degli Stati di fede islamica rispetto a quelli in cui sono prevalenti altre confessioni religiose, basta solo rispondere che l’eventuale “adeguamento” al comportamento, altro non significa che abbassarsi ad un livello di civiltà che è, del tutto, alieno dal pensiero occidentale moderno, nato da ben altre radici di tolleranza e di rispetto.

 

Tratto dal documento della Lega Italiana

dei Diritti dell’Uomo Onlus:

Testimonianza

“Report 2008-2009”

Iniziative, documenti, prese di posizioni, deliberati,

lettere, ecc. in materia di diritti, nel biennio

curato da Gian Piero Calchetti e Sara Lorenzelli

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