La patria potestas
Premessa
L'istituto della patria potestas è l’espressione tipica dei poteri e dei privilegi del pater familias, della civiltà romana e per questo esercitabile solo con la cittadinanza romana.
I poteri caratteristici della patria potestas non erano esercitabili né acquisibili dai cittadini stranieri, neanche con l’acquisizione della cittadinanza romana, a meno che non intervenisse un apposito provvedimento. Era un istituto, una prerogativa vera e propria dei cittadini romani come si deduce già dalle istituzioni di Gaio: “Parimenti sono in nostra potestà i nostri figli, che abbiamo procreato in giuste nozze. Ciò è diritto proprio dei cittadini romani (di regola infatti non ci sono altri uomini, che in tal modo hanno potere sui loro figli, quanto ne abbiamo noi)”(1).
La patria potestas ha origine in primis dal diritto naturale, in quanto il padre ex lege naturale ha certe facoltà nei confronti della sua prole, mentre dall’altra parte, ex lege civile, si annoverano gli ampi poteri che il pater ha nei confronti di tutte le persone sottomesse alla sua potestas(2): si tratta di un’unica potestà o patria potestas esercitata sia sulle persone che sulle cose, così la potestas esercitata sui filii familias, la manus maritalis o la potestas maritalis esercitata sulle donne, il dominium ossia la dominica potestas sugli schiavi e infine la mancipio sui filii familias venduti(3).
La potestà così delineata trascende da qualsiasi vincolo naturale che possa scaturire dal matrimonio e dal rapporto tra genitori e figli: la patria potestas si esercita, senza alcuna distinzione, su tutte le persone che fanno parte della familia, in qualsiasi modo o titolo esse siano state aggregate al gruppo. Già il solo fatto di appartenere ad una famiglia costituisce il presupposto per essere sottoposti al pater familias.
L’istituto si è trasformato in modo graduale, evolvendo rispetto alle sue origini, attraverso un processo storico: dall’assoluto potere patriarcale si è passati, nel diritto classico romano, a logiche limitazioni e restrizioni dello stesso, fino ad arrivare, nell’epoca post classica e con Giustiniano, ad un’evoluzione completa di questo potere (482-565).
Dall’età di Augusto l’evoluzione sociale e giuridica prima, l’evoluzione giuridica subito dopo, ha rimodellato la configurazione della patria potestas(4).
Il potere assoluto della patria potestas si è espressa originariamente con poteri molto forti, identificabili nello ius vitae ac necis, ossia nel diritto di vita o di morte che il pater aveva nei confronti del filius, attenuati dai principi generali di correttezza, morali e giuridici romani che il pater era tenuto a rispettare, i quali si evolvevano sempre di più con il passare del tempo, posti in essere sicuramente affinché non agisse in modo arbitrario.
Il pater poteva arbitrariamente decidere di riconoscere o esporre la propria prole appena nata, di vendere i propri figli o di consegnarli all’offeso per non rispondere personalmente, della responsabilità derivante da illecito imputabile ad un membro della sua famiglia, di punire corporalmente fino alla decisione estrema di uccidere il proprio figlio: tutti questi diritti esercitabili arbitrariamente, trattati nel cap. IV, rimangono in essere almeno fino all’epoca imperiale classica.
Probabilmente questo istituto deriva dalla tendenza, soprattutto nel diritto antico, di conservare il patrimonio familiare delle antiche gens, affinché si assicurasse la sopravvivenza dell'intero gruppo familiare e si evitasse una eventuale frammentazione della famiglia originaria. Come conseguenza naturale fu pertanto necessario ed importante che tutti i componenti di una stessa famiglia fossero sottoposti al controllo supremo e all'autorevolezza di un solo capo di famiglia. Questo aspetto caratterizzò il legame fortemente gerarchico dei rapporti familiari, personali, giuridici ed economici, e alla tendenza accentrata nelle mani del pater familias dell’antica civiltà romana.
Modi di acquisto della patria postestas.
La storia della patria potestas , come si è detto, è la storia di tutta la famiglia romana, è da essa che si deducono i vari aspetti di questo potere che ha radici molto lontane: la trattazione della patria potestas non può pertanto prescindere dalla trattazione di tutta la struttura familiare, dalla quale si deducono la qualità, l’importanza, ma anche il peso di questo potere in capo al pater familias.
Il significato, i vari caratteri, il contenuto stesso, le sfaccettature e i molteplici aspetti del potere patriarcale emergono dalla struttura del gruppo familiare, dallo svolgersi della vita, dai rapporti giuridici che hanno origine o si acquistano in esso, sottoposto ai poteri del pater familias e plasmato in tutti i suoi aspetti: parentali, religiosi, sociali, politici ed economici.
Il sottoposto alla patria potestas deve far parte o entrare a far parte della famiglia: “si entra nella famiglia aut natura aut iure. Si entra natura col fatto della nascita da giuste nozze, contratte sia dallo stesso pater familias che dai suoi sottoposti maschi; iure in virtù di atti giuridici, quali la adozione e la conventium in manum”(5).
Tre sono i titoli d’ingresso nella famiglia , che costituiscono altrettanti modi di acquisto della patria potestas: il primo, di carattere naturale, è la nascita; il secondo, di carattere giuridico, è l’adozione; il terzo, di carattere giuridico ma un po’ particolare, è la manus sulla donna che viene presa in sposa(6), quest’ltimo già analizzato nel cap. I.
Le origini di questo potere assoluto del pater coincidono con il formarsi della familia iure proprio, inteso appunto quale gruppo compatto sottoposto alla sovranità del pater che lo rappresenta in toto, a livello parentale, politico e soprattutto economico.
- L’acquisto della patria potestas per procreazione.
L’ acquisto della patria potestas può avvenire in primis per evento naturale: la procreazione di figli nell’ambito di un matrimonio legittimo (iustae nuptiae), ponendo proprio sui figli la potestas sin dalla nascita, in quanto si presumono procreati dallo stesso pater i figli nati dalla madre(7), che non siano nati prima di 180 giorni dall’inizio del matrimonio, né 300 giorni dallo scioglimento dello stesso.
Sono filii familias anche i figli procreati da altro componente maschio della familia, status che non viene riconosciuto ai discendenti per via di donna, poiché sono fuori della famiglia materna ed appartenenti solamente a quella del pater.
Alla famiglia materna appartengono invece i figli nati da nozze non legittime ( ad es. per mancanza di connubium) che seguono, di conseguenza, la condizione materna.
Il figlio, alla morte del pater, diviene egli stesso a sua volta pater familias, acquistando di conseguenza la potestà sui propri figli, fino a quel momento sottoposti all’avo.
Il pater familias può altresì acquisire la potestas sui figli naturali(8) attraverso l’istituto della legittimazione(9), per mezzo del quale il figlio naturale acquista di fatto e di diritto lo status di figlio legittimo.
La qualità di filii pertanto, come si è visto, dà luogo all’appartenenza alla famiglia e alla sottoposizione della patria potestas per causa naturale fin dalla nascita, ma la stessa potestà può essere acquisita dal pater per eventi giuridici.
- L’acquisto della patria potestas per adozione.
Fin qui si è trattato della potestà acquisita “naturalmente” dal pater, come conseguenza naturale sui figli da lui procreati, ma il pater familias può acquistare la potestà anche su persone estranee alla sua familia: i filii familias che attraverso l’adoptio, vengono sottoposte appunto alla sua patria potestas. Un atto giuridico la cui funzione originaria fu quella di aumentare la forza politica e la capacità lavorativa di una familia, che andava sempre più in declino, attraverso l’aggregazione di persone, non appartenenti alla stessa famiglia che, venendo sottoposti alla patria potestas del pater di quella famiglia, con l’adoptio vengono equiparati ai figli.
L’adozione romana “non è, nel suo tipo genuino, un pio conforto per i padri o le madri orbe di figli, una sentimentale illusione e una morale soddisfazione”(10), al contrario, la famiglia agnatizia, è ritenuta dalla maggior parte degli studiosi di diritto romano una fattispecie di associazione posta in essere per ragioni di difesa, un ente politico(11): un gruppo familiare aperto agli estranei con lo scopo di rafforzarsi verso l’esterno e di proteggere, aggregando altre persone con l’atto giuridico dell’adozione. Ciò è avvalorato dal fatto che per mezzo dell’adrogatio, istituto giuridico di adozione più antico dell’adoptio, almeno prima che venisse costituito lo Stato che subentrò nella funzione della difesa, si aggregava alla famiglia non solo l’individuo adottato ma tutta la sua famiglia d’origine, facendo diventare più potente la famiglia del pater familias a cui si sottoponeva: “per il Romano, come per l’uomo antico in generale, il gruppo sociale cui si appartiene è tutto: l’individuo singolo, fuori dal gruppo, non ha valore. Ciò che si è, lo si è solo in quanto membri di una comunità politica”(12).
L’adozione non aveva solo uno scopo politico: la famiglia che prima della nascita della civitas romana era posta in essere per rafforzare la difesa, aveva anche uno scopo economico, cioè lo scopo di accrescere il più possibile il reddito di tutta la famiglia; ogni individuo rappresentava una risorsa lavorativa con il compito ben preciso di apportare il suo contributo, per il benessere della famiglia, attraverso il suo lavoro. Questo era essenzialmente lo scopo economico, almeno fino all’introduzione dell’istituto della schiavitù, che ha portato l’accrescimento del reddito per determinate famiglie, anche se si continuò comunque a porre in essere l’istituto dell’adozione.
Altro motivo, non meno importante, riguardante l’adozione, fu la preoccupazione di continuare il culto familiare dei sacra privata, che comprendeva sia il culto familiare delle divinità, che il culto dei propri defunti: indipendentemente dal periodo storico si continuò a fare largo uso dell’adozione, soprattutto per chi era senza prole, poiché ci si assicurava da un lato la continuazione del culto delle proprie divinità, che proteggevano la famiglia da ogni male e procuravano benessere alla famiglia stessa, mentre dall’altro lato si assicuravano anche la continuazione di culto dei propri antenati che avevano dato origine alla famiglia; l’adottante si assicurava altresì che al momento della sua morte avrebbe avuto un degno funerale con i riti annessi allo stesso.
Altro motivo, non meno importante era quello di preservare la propria famiglia dall’estinzione, per mancanza di discendenti maschi: con l’adozione ci si assicurava da un lato di conservare il nome del pater familias (adottante) e dall’altro di trasferire il proprio patrimonio familiare alle generazioni future, in modo da assicurare loro ogni benessere per la vita(13). Questo modo di concepire l’adozione si sviluppò dall’inizio del periodo post classico, quando si cominciò ad avere una concezione più affettiva della famiglia valorizzando sempre di più i legami: l’istituto dell’adozione invece di essere concepito quale atto posto in essere per garantire la potenza e continuità della famiglia, fu considerato un atto da porre in essere per dare origine “artificialmente” ad un rapporto di filiazione, per supplire la mancanza di prole e per soddisfare il sentimento, l’affetto e la generosità di ognuno(14).
Oltre i motivi di cui si è trattato, non sono comunque mancate altre motivazioni a causa delle quali sono state poste in essere adozioni in modo abusivo, che si è cercato di impedire con la legislazione romana, soprattutto nell’età imperiale: così ad es. i plebei che adottavano i patrizi con lo scopo di cambiare la propria condizione sociale; i patrizi che adottavano i plebei con lo scopo di diventare i tribuni di quest’ultimi; i tutori e i curatori che adottavano le persone sottoposte alla loro tutela con lo scopo di sfruttare il patrimonio delle stesse; le persone senza prole che adottavano per non essere sanzionati per il solo fatto di non avere figli, soprattutto nel periodo di Ottavio Augusto e fino a Nerone ( dal 63 a.C. al 68 d. C. circa); l’adozione nelle famiglie degli imperatori o degli ufficiali superiori dello Stato, per preparare il trasferimento del potere(15).
L’adozione, nel diritto romano, era costituita sostanzialmente in due sottospecie: l’adoptio in senso stretto, caso in cui i filii familias di un’altra familia escono dalla potestas del loro pater originario per sottoporsi a quella dell’adottante; l’altra sottospecie è l’adrogatio, caso in cui patres familias perdono tale qualità di sui iuris(16) e vengono sottoposti, come filii familias, alla potestas dell’adottante(17). Una definizione dal quale trarre questa sostanziale differenza ci viene tramandata da Gaio(18): “ Adoptio autem duobus modis fit, aut populi auctoritate, aut imperio magistratus, veluti praetoris. Populi auctoritate adoptamus eos qui sui iuris sunt; quae species adoptionis dicitur adrogatio, quia et is qui adoptat rogatur, id est interrogatur, an velit eum quem adoptaturus sit iustum sibi filium esse; et is qui adoptatur rogatur, an id fieri patiatur; et populus rogatur, an id fieri iubeat. Imperio magistratus adoptamus eos qui in protestate parentum sunt, sive primum gradum liberorum optineat, qualis est filius et filia, sive inferiorem, qualis est nepos neptis pronepos proneptis”.
Saranno ora esaminate i due tipi di adozione, con le evoluzioni e le modifiche introdotte nella storia dell’Impero Romano.
- Salvatore Terranova - Noto
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(1)Gaio 1.55 : “Item in potestate nostra sunt liberi nostri, quos iustis nuptiis procreavimus. Quod ius proprium civium Romanorum est (fere enim nulli alii sunt homines, qui talem in filios suos habent potestatem, qualem nos habemus)”.(2)A. Doveri, “Istituzioni di diritto romano”, Firenze,1866, p. 228.
(3)B. Biondi, “Istituzioni ecc…”, op.cit., p. 566 e ss.
(4) Longo G., “Patria potestas”, in Nuovissimo Digesto Italiano, V. XII, Torino, 1957, p. 575 e ss;
(5) Biondi B., “Istituzioni ecc…”, op. cit., p. 554.
(6)Longo G., “Patria ecc…”, op. cit., p. 575.
(7) Cfr. Sanfilippo C., “Istituzioni ecc”, op. cit. p. 140 e ss: “ pater is est quem iustae nuptiae demonstrant”.
(8) Cfr. Sanfilippo C., “Istituzioni ecc”, op. cit. p. 159: I figli nati da un matrimonio si dicono iusti, legati pertanto al pater da agnatio e sottoposti di conseguenza alla sua potestà; i figli nati da un matrimonio non riconosciuto civilmente, per mancanza di connubium , ma solo iure gentium, si dicono iniusti e legati al padre solo da cognatio . I figli non legittimi si dicono naturales, fra i quali si distinguono: i liberi naturales, nati da concubinato; i figli spurii o vulgo quaesiti che non hanno pater, perché nati da unioni giuridicamente irrilevanti o da unioni illecite come l’incesto o l’adulterio.
(9) Cfr. Sanfilippo C., “Istituzioni ecc”, op. cit. p. 159 e ss.: La legittimazione è un istituto che nasce per l’influenza dell’etica cristiana, nell’età di Costantino, e si consolida nella legislazione di Giustiniano. La forma principale consiste nel subsequens matrimonium dei genitori, condizione che si verifica solo quando le nozze sarebbero state possibili al momento del concepimento, escluso quindi per i figli incestuosi o adulterini, e vi è consenso dei legittimandi. Nel caso in cui, per assenza o morte della madre, a causa della quale non è possibile il susseguente matrimonio, la legittimazione poteva avvenire per rescriptum principis, ossia la richiesta fatta dal padre anche nel suo testamento (ciò fu permesso da Giustiniano). Nel periodo del Basso Impero fu ammessa la legittimazione per oblationem curiae, introdotta per meri motivi fiscali, consisteva nell’avviare il figlio alla carriera da decurione, fornendolo di un censo che garantisse la riscossione delle imposte, la cui responsabilità ricadeva sulla curiae; oppure, nel caso di una figlia, occorreva darla in moglie ad un decurione, costituendole una congrua dote.
(10) Bonfante P., “Corso ecc…”, op. cit., p. 19.
(11) Bonfante P., “Diritto romano”, Milano, 1987, p. 117.(12)Betti E. “ Istituzioni ecc…”, op. cit., p. 52.
(13) Di Marzo S., “Istituzioni di diritto romano”, Milano, 1945, p. 143
(14) Donatuti G., “Contributi allo studio dell’adrogatio impuberis”, Bollettino dell’Istituto di Diritto Romano, 1961, ISSN 0391-1810, p. 879.
(15)Doveri A., “Istituzioni ecc…”, op. cit., p. 233.
(16)Cfr. Biondi B. , “Istituzioni ecc…”, op. cit, p. 131: è sui iuris “la persona che non obbedisce ad alcun potere familiare, cioè quella che non ha ascendenti maschi legittimi oppure è stata emancipata dalla potestas a cui era sottoposta” ; “persone alieni iuris o alienae potestati subiectae sono tutti coloro che sono sottoposti ad una qualsiasi potestà familiare”.
(17) Cfr. Sanfilippo C., “Istituzioni ecc”, op. cit. p. 160 e ss: Anche se entrambi costituiscono due sottospecie dell’adoptio in senso lato, gli effetti e le forme di costituzione delle stesse sono diverse: per l’adoptio occorreva sciogliere l’adottando dalla patria postestas del suo pater familias originario, mediante emancipatio “ avvenuta la quale, chi aveva in mancipio il figlio e l’adottante si recavano in ius e quivi l’adottante rivendicava il figlio come suo; se l’altro non contraddiceva (in iure cessio), il pretore riconosceva il figlio sotto la potestà dell’adottante”. Per l’adrogatio invece erano necessari l’approvazione dei comitii curiati e del collegio pontificale in via preventiva, con essa il pater familias arrogato sottoponeva sotto la potestà dell’arrogatore non solo sé stesso ma tutta la sua familia che veniva incorporata nella nuova.
(18) Gaio, Institutiones, I.98-107.