SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

La libertà degli Antichi e dei Moderni al tempo dei social network:

Benjamin Constant e J.J. Rousseau oggi

 

3. La libertà politica o la libertà civile?

 

3.2 Un illusorio ritorno al passato

 

La Rete, e in particolare i social network, appare, a un’analisi superficiale, uno strumento privilegiato, proprio perché consente ai politici di rivolgersi direttamente ai cittadini, superando la mediazione dei mezzi di informazione di massa e consentendo di costruire una relazione di fiducia. Correlata a quest’ultima è la necessità di stimolare la partecipazione, in termini di discussione, lettura dei contenuti politici, partecipazione ad eventi, fino ad arrivare al voto. C’è chi parla di un ritorno al potere del cittadino.

 

In tal senso, va doverosamente ammesso che i media tradizionali avevano relegato il lettore e lo spettatore a un ruolo passivo, di mero fruitore dei contenuti. Viceversa, la rivoluzione informatica ha, almeno in apparenza, messo in condizione il cittadino di poter essere chiamato a partecipare, a dialogare e a interagire direttamente con i politici.

 

Non solo: astrattamente il Web consentirebbe di esercitare anche una sorta di funzione di controllo, perché online è possibile accedere a fonti e documenti, verificare le dichiarazioni dei soggetti politici e monitorarne l’attività.

 

Il rischio è, tuttavia, che questo immenso potenziale arsenale democratico sia destinato a “sparare a salve”, in quanto esprimere le proprie idee ed esercitare una sorta di azione di monitoraggio non equivale affatto a una reale partecipazione attiva. La politica è per definizione complessa, si tratta di un terreno in cui si incontrano esigenze confliggenti e idee dalle distanze talvolta siderali. Il dibattito pubblico non può ridursi a un sì o un no, a un like o meno, perché presuppone riflessione, confronto, gestione del conflitto e sintesi tra le diverse posizioni. Non è possibile allineare la velocità della rete ai tempi inevitabilmente più lunghi della politica.

 

Ne consegue che, venendo meno la riflessione, cade un primo principio fondamentale espresso da Constant sulla libertà dei moderni. Infatti, l’istantaneità della pubblicazione e della lettura di un messaggio tramite i social network ha ribaltato la tesi di Constant secondo la quale nei popoli moderni la riflessione aveva sostituito l’entusiasmo dei popoli antichi. Riflessione e istantaneità sono, infatti, conflittuali. Da ciò ne deriva una conseguenza: la sensibilità contemporanea, nata dal “ritorno” dell’entusiasmo degli antichi contaminato dalla riflessione dei moderni, si è trasformata in “gioioso rancore diffuso”.

 

Ma il rischio più grande sta nel pericolo che, attraverso i mass media, una élite possa influenzare l’opinione pubblica portando le masse ad avallare scelte prese da una esigua minoranza al potere con il rischio di derive autoritarie.

 

A tal proposito, il Mazzoleni racconta che con la nascita nel XX secolo negli Stati Uniti, del c.d. “marketing politico” (dato dalla fusione di pubblicità, marketing, informazione e sondaggi d’opinione), numerosi studiosi statunitensi negli anni Novanta concordavano sul fatto che la comunicazione di massa fosse uno strumento necessario per assicurare la funzionalità di una grande democrazia, ma temevano soprattutto che diventasse anche una macchina perfettamente strumentale a formare o anche soltanto a consolidare una dittatura.

 

In tal senso anche il Lippmann, secondo il quale i mass media e la propaganda rappresentavano gli strumenti perfetti utilizzati dalla ristretta cerchia formata da specialisti e burocrati per dominare il grande pubblico, senza ricorrere alla coercizione fisica. Egli presentò il concetto di «costruzione del consenso»[1], che consiste nella manipolazione dell’opinione pubblica per ottenere l’approvazione delle decisioni prese dall’alto.

 

È opinione di Lippmann che il grande pubblico non sia infatti qualificato per ragionare e decidere su importanti questioni, ed è quindi importante che l’élite abbia l’opportunità di decidere «per il bene comune» e in seguito «vendere» quelle decisioni alle masse. In realtà, non c’è niente di veramente nuovo in tutto questo, in quanto si tratta semplicemente di un richiamo al concetto del dispotismo illuminato che si era sviluppato nella prima metà del 1700, e che fu riassunto dal grande Voltaire nel famoso motto “Tutto per il popolo ma niente attraverso il popolo”. In quel periodo, infatti, molti illuministi, tra i quali appunto Voltaire, riconoscevano, ammettevano e di fatto auspicavano come forma di governo l’assolutismo guidato dalla ragione. Ciò in quanto i privilegi nella società erano ancora molto diffusi e soprattutto la maggior parte della società non era “illuminata”.

 

Un esempio di costruzione del consenso e manipolazione dell’opinione pubblica tramite l’utilizzo della Rete si è avuto in occasione delle note vicende che hanno interessato la Catalogna alla fine del 2017: in occasione del referendum per l’indipendenza, per qualche giorno è diventato un simbolo l’immagine di un corpo a corpo tra gli agenti della Guardia Civil di Madrid e un gruppo di elettori manifestanti. Con un abile montaggio in Photoshop è comparsa sopra di loro una bandiera Catalana, quasi si trattasse di una rivisitazione, all’iberica, del quadro di Eugène Delacroix sulla Rivoluzione francese La libertà che guida il popolo[2].

 

Per restare invece, sul piano del controllo reso possibile dal web, chi garantisce l’affidabilità delle informazioni trovate? Fonti attendibili e inattendibili viaggiano con la stessa velocità a discapito del carattere dell’autorevolezza. Una consultazione solo virtuale, senza la possibilità di mettere in discussione ciò che si ipotizza in attesa di cercare ulteriori informazioni, non apporta alcun vantaggio.

 

Tale presunto controllo è ancora più effimero se si considera che, come sostenuto da Schudson, il cittadino che “tiene d’occhio” la politica, illudendosi di essere un cittadino monitorante, in realtà esercita un controllo superficiale atteso che, nella complessità della modernità, non è in grado di effettuare una verifica puntuale ed efficace delle informazioni a cui accede facilmente. In realtà, si limita a un rapido sguardo ai “titoli” dei media, pertanto “l’informazione di cui il cittadino monitorante si serve è quella in pillole, che può essere considerata insufficiente, magari frivola ma che è tutto ciò che chiede”[3]. Si parla a tal proposito, di “cittadinanza sottile”[4]: a bassa razionalità e basso impegno conoscitivo ovvero, minimale.

 

In tale contesto, la Norris vede il rischio di percezione distorta della realtà. “Citando un noto sondaggista americano che rileva come una dieta televisiva giornaliera di informazioni sulla criminalità diffusa nelle città renda i cittadini incapaci di riconoscere come invece si sta bene oggi rispetto al passato, Norris afferma che se i cittadini valutano la performance di candidati e partiti su questa base, la percezione errata di come stanno le cose può condurre a gravi errori di giudizio politico”[5]. Infine, ritiene che l’idea di cittadino perfettamente informato sulle politiche pubbliche e sulle questioni di governo sia un’utopia.

 

Pertanto, propone l’idea “dell’informazione pratica” intesa come “ambiente informativo capace di favorire davvero una conoscenza politica”[6] nel senso di un’offerta informativa ad ampio raggio di informazione politica, in diversi formati e a diversi livelli, in modo tale che i cittadini possano scegliere i tipi d’informazione pratica che più serva loro.

 

Infine, riprendendo la questione, avallata da alcuni schieramenti politici, del ritorno ad una partecipazione diretta, se è pur vero che la Rete permette in astratto di riunire numeri più elevati di soggetti rispetto a una sezione o un circolo, si ritiene non pertinente tale richiamo. Infatti, anche ammesso che la politica non mediata possa anche essere un valore positivo, bisogna considerare che, per quanto alcune piattaforme digitali registrino cifre di utenti considerevoli, si tratta sempre di una minoranza rispetto alla totalità di coloro che votano.

 

In altre parole, se si ascoltasse solo ciò che emerge dalla rete, si correrebbe il rischio di dar peso solo a una parte dell’opinione pubblica, magari quella più arrabbiata o meglio organizzata online, anche in considerazione che “gli italiani connessi su Facebook sono 20 milioni, di cui molti under 18, e quelli che utilizzano la Rete, appena la metà della popolazione”[7].

 

Eppure, nonostante l’utilizzo delle piattaforme informatiche sia, soprattutto ai fini politici, ridotto a una minoranza del corpo sociale, si perpetua l’illusione che ogni membro dello stesso corpo sociale possa avere un’influenza reale sulle decisioni legislative, come se dall’esasperata modernizzazione informatica si possa ottenere, anche su vasti numeri, quella libertà degli antichi che lo stesso Rousseau aveva ritenuto possibile solo in ristretti ambiti territoriali.

 

Nonostante questo, il sogno di Rousseau di concepire una democrazia diretta che ratifichi ogni legge è oggi utilizzato, non si sa fino a che punto in buona fede, da alcuni schieramenti politici che partoriscono l’illusoria percezione di poterla sviluppare anche in un ambito territoriale più ampio di quello ipotizzato dal pensatore ginevrino e ciò tramite l’utilizzo di piattaforme informatiche teoricamente capaci di inglobare i voti di tutto il corpo sociale interessato, ma di fatto utilizzato solo da una parte marginale di esso.

 

Il vero pericolo, in realtà, è che si perdano di vista gli indubbi progressi individuati da Constant con la libertà dei moderni, senza peraltro ritornare a una felicità degli antichi, ammesso che vi sia mai stata.

Photo by https://www.irishexaminer.com

 

Renata  Dott.ssa COVIELLO

 

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI NICCOLO’ CUSANO - TELEMATICA ROMA

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE E DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

TESI DI LAUREA:

“La libertà degli Antichi e dei Moderni al tempo dei social network: Benjamin Constant e J.J. Rousseau oggi”

ANNO ACCADEMICO 2017-2018

 

[1] LIPPMANN W., Public Opinion, New York, Harcourt, Brace and Company, 1922.

[2] www.avvenire.it – Diego Motta, Se la politica viaggia in rete il consenso è disinformato.

[3] G. MAZZOLENI – La comunicazione politica, Il Mulino, 2012, pag. 231.

[4] Ibidem, pag. 233.

[5] Ibidem.

[6] Ibidem.

[7] Ibidem, pag 102

 

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