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Categoria: IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

napolitano

MESSA A CONFRONTO CON LA POSIZIONE E FUNZIONE DEL RE NELL’ORDINAMENTO STATUTARIO

Qual’era la posizione del RE nell’ordinamento statutario?*

Non è fuor d’opera fermarsi qui un istante a richiamarla, perché, tutte le tesi che si oppongono alla o si distaccano dalla concezione del Presidente della Repubblica come struttura garantistica adducano, consapevolmente o meno, ad un recupero o ad una reviviscenza del ruolo che fu del Re, quale si era stabilito nella fase più matura dell’evoluzione costituzionale all’incirca al primo ventennio del regno di Vittorio Emanuele III in base allo Statuto Albertino le attribuzioni del Re erano rimaste ancora imponenti rispetto a quelle di un monarca assoluto.

Tuttavia data la prerogativa regia dell’irresponsabilità (la persona del Re sacra ed inviolabile – The king can do no wrong) nessuno di questi poteri poteva essere esercitato dal Re, in esclusiva, da solo (The king cannot act alone) poiché era stabilito che “le leggi e gli atti del governo non avevano vigore se non muniti della firma di un Ministro” (art. 67 St.), che con ciò stesso ne assumeva la responsabilità giuridica e politica di fronte alle Camere.

Questi principi (irresponsabilità assoluta del Re e controfirma del Ministro responsabile) furono i congegni giuridici che resero possibile fin dalla prassi statutaria l’instaurarsi e poi il consolidarsi anche tra noi, come in Inghilterra, della forma di governo parlamentare o di “Gabinetto”.

La classica dottrina dell’Orlando sul “governo di Gabinetto” aveva sottolineato la caratteristica essenziale del sistema di governo parlamentare nell’equilibrio tra le due forze politiche, i due “piloni” su cui si reggeva il sistema: quello corrispondente al “ principio della tradizione, impersonato dal monarca “ e quello corrispondente al “ sentimento giuridico della comunità “ che si esprimeva nella Camera rappresentativa; il Gabinetto, l’organo collegiale di Governo, era l’anello di congiunzione tra le due forze, perenne punto d’incontro e armonia tra le medesime.

Al Re solo apparteneva il potere esecutivo (art. 5 St.), e cioè il comando di tutte le forze armate, il potere di dichiarare la guerra, di fare la pace, di stipulare i trattati di alleanza e di commercio, col solo limite di darne notizia alle Camere “tosto che l’interesse e la sicurezza dello Stato li permettano” ma con l’obbligo di sottoporre all’assenso delle Camere i trattati che “comportassero oneri alle finanze o variazioni di territorio” al fine della loro esecutività.

Al Re spettava inoltre il potere di nominare a tutte le cariche dello Stato, e quello di ordinanza, cioè il potere di fare i decreti e i regolamenti per l’esecuzione delle leggi (art. 6 St.)

Inoltre il Re esercitava il potere legislativo insieme alle due Camere, il Senato (interamente di nomina regia e vitalizio) e la Camera dei Deputati, spettando a lui, oltre che l’iniziativa delle leggi, soprattutto il potere di sanzione, atto essenziale per l’esistenza giuridica della legge, e la promulgazione (art.7 St.).

Infine al Re restavano attribuiti poteri fondamentali in ordine alla formazione ed il funzionamento degli organi costituzionali, quali il potere di nominare e di revocare i “suoi” Ministri (art. 65 St.), di convocare le Camere e chiuderne le sessioni e di sciogliere quella dei Deputati, (art. 9 St.); di nominare i membri del Senato, che sono interamente di nomina regia e vitalizia.

Il possesso congiunto da parte del Re di tre essenziali attribuzioni (come il potere di nomina e di revoca dei ministri, cioè del Gabinetto anche indipendentemente dalla fiducia o sfiducia parlamentare, ed il potere di sciogliere la Camera elettiva) poneva nelle mani un congegno potenzialmente formidabile con le leve giuridiche per attuare, all’occorrenza, codesta reversibilità nei rapporti di forza politica caratteristica del sistema della monarchia statutaria, e riassumere in sé la posizione preminente di guida e di direzione politica dello Stato nei momenti di crisi.

Per questo i poteri del Re, del Capo dello Stato dell’epoca statutaria e pre-fascista, presentavano sempre un carattere di ambivalenza potendo oscillare da un minimo ad un massimo; potevano passare infatti dal ruolo discreto e quasi appartato del Re costituzionale, secondo la massima del Thiers per cui “il re regna e non governa”, ed espandersi ad un massimo per cui nei momenti di crisi il re poteva divenire effettivamente il supremo reggitore dello Stato e le sue iniziative e decisioni personali potevano pesare, come in effetti pesarono più volte, in modo decisivo e, da ultimo, anche fatale sulle sorti del paese.

Salvatore Dott. Carlone

* Galeotti, la posizione costituzionale del Presidente della Repubblica, Milano, 1949


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