Il giocoliere di Parigi di Marc Chagall.
Un giocoliere dal doppio profilo, "cubista", saluta il pubblico con il suo ridicolo cappellino mentre una palla al suo fianco fa la giravolta e si staglia nell'azzurro intenso della notte stellata come fosse una luna piena.
Un altro acrobata si tuffa giù dal trapezio su un cavallo mezzo verde e mezzo blu, intorno, a mò di cornice, una miriade di personaggi circondano lo spazio in altrettanti aneddoti ed episodi a sè stanti: strane esibizioni antropomorfe e zoomorfe in un viaggio tra sogno e incubo della lontananza lo sfondo di un panorama, forse la prospettiva della Senna. Molto dell'infanzia ritorna nell'immaginazione dell'artista il quale crebbe in età tenera in una famiglia di ebrei a Vitebsc, un villaggio russo sperduto nella campagna che diventa luogo creativo di tutta la sua poetica narrativa. I ricordi dell'infanzia vivificano i personaggi ambigui delle sue tele: contandini a lavoro, animali da cortile, zingari musicisti; il circo, insieme alle favole popolari, popolano le sue opere impregnate di carattere mitologico.
Tratta dalla tesi di Bruno Morelli: I Rom nell'arte
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