SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

stradina

IL CONFLITTO FAMILIARE

Albania

MIRA E GJON

IL CONFLITTO. C’era una volta una famiglia molto felice, costituita da un papà, una mamma e due splendidi figli; questi ultimi si chiamavano Gjon e Mira e i genitori erano fieri di loro. Un giorno la madre dei ragazzi morì improvvisamente. Nonostante il forte dolore, i due fratelli fecero il possibile per aiutare il padre nelle faccende domestiche. Trascorso un po’ di tempo, il padre si presentò a casa con un’altra donna e annunciò ai figli che sarebbe diventata la loro nuova mamma. Questa cominciò ad avere un comportamento brutale nei confronti dei ragazzi: li trattava come se fossero schiavi, rispondeva loro sempre male, e spesso addirittura li lasciava senza cibo.
Una mattina la matrigna disse al marito che non poteva più sopportare di avere quei marmocchi tra i piedi e, nonostante i tentativi dell’uomo per calmarla, ella non volle sentire alcuna ragione. I due fratelli si trovavano nel focolare a pulire, quando giunse il loro papà; questi disse loro che sarebbero andati tutti e tre a fare una passeggiata in montagna, immediatamente e senza indugio. I ragazzi si avviarono con ancora indosso i vestiti sporchi e con il sacchetto dentro il quale era contenuta la cenere; nel cammino questo si bucò lasciando cadere il contenuto lungo tutto il loro percorso. Quando arrivarono in montagna il padre, con la scusa di cercare un posto dove passare la notte, si allontanò e non tornò più. I ragazzi, non vedendolo comparire, capirono di esser  stati abbandonati e trovarono riparo per la notte sotto un grande albero. All’alba cercarono di tornare a casa, ma non sapevano assolutamente dove si trovassero; vagando tra la vegetazione, in cerca della strada che li avrebbe ricondotti a casa, scorsero la cenere che era fuoriuscita dal sacchetto e, seguendo quest’ultima, riuscirono a raggiungere il loro giardino.
Vedendoli arrivare, la matrigna andò su tutte le furie e cominciò a gridare:
“Non li voglio questi orfanelli, anzi questi animali, in casa!! Non sanno fare nulla, sono due piccoli straccioni che puzzano!”.
Il padre, allora, prese i due fratelli e  li condusse nel bosco; si allontanò da loro con un altro pretesto e i due trascorsero, sperduti, molti giorni mangiando ciò che capitava loro sottomano e dormendo fra le radici degli alberi.
Dopo una settimana videro tra gli alberi dei diavoli che sopraggiungevano e, spaventatissimi, cercarono rifugio in una caverna; ma i diavoli li afferrarono con le loro unghie e, mentre i ragazzi piangevano, essi discutevano:
“Li mangeremo stasera!” disse uno di loro.
“Ma no, non li mangeremo questa sera, sono magri e puzzano; portiamoli con noi e tra qualche settimana faremo una bella cena con questi giovanotti!!” intervenne un altro.
Presero con la forza i due ragazzi e li condussero nella loro casa. Gjon fu rinchiuso in un grande recipiente che conteneva le noci raccolte nel bosco: nutrendosi con queste sarebbe ingrassato sicuramente. Mira cominciò a fare la serva per i diavoli malvagi ed era addetta al forno.
LA RISOLUZIONE DEL CONFLITTO. Un giorno sentì che il diavolo più grande, uscendo per andare a caccia, disse alla moglie di cucinare il ragazzo per cena. Mira iniziò a piangere; sapeva di non poter fare nulla perché la diavolessa aveva le chiavi del contenitore delle noci, nel quale era chiuso suo fratello, e le portava sempre con sé. La diavolessa ordinò a Mira di accendere il forno, ma era impossibile perché la legna, bagnata dalle lacrime della ragazza, non prendeva fuoco; allora, molto irritata, decise di tentare lei stessa: aveva molta fretta poiché gli altri stavano per tornare dalla caccia. Si allungò per soffiare meglio sul fuoco e Mira, con tutta la forza che aveva, la spinse nel forno dove arse viva. Ma con lei bruciarono anche le chiavi del contenitore delle noci! Mira non sapeva come liberare il fratello: tentò disperatamente di forzare la serratura con un bastone, ma riuscì solamente a fare un piccolo buco; in quel momento sentì i diavoli arrivare. Tutti sorridenti, essi gridarono:
“Che buon odore!! Mangeremo carne di uomo! Mira, preparaci subito la cena!”
La ragazza mise la tavole e servì a quelle creature cattive la diavolessa cotta nel fuoco: tutti cominciarono a mangiare, ma uno dei figli – guardando il suo piatto con occhi feroci – disse:
“Ma questa mano ha il profumo di nostra madre!!”.
Tutti gli altri cominciarono ad agitarsi e domandavano:
“Dov’è nostra madre?”.
“Non si sentiva bene”, rispose con calma Mira.
Ma i diavoli avevano capito tutto e urlavano con sdegno:
“Abbiamo mangiato nostra madre!! Questi ragazzi ci hanno imbrogliato, prendiamoli e mangiamoli vivi!”.
Mira, terrorizzata, pregava Dio e, nel momento in cui i diavoli stavano per afferrarla, le sue braccia si trasformarono in ali e lei volò via; Gjon diventò anche lui un uccello e così fu capace di uscire dal buco che Mira aveva fatto nel recipiente delle noci con il bastone.
Da allora quegli uccelli si chiamano Qyqe e Qokth e non cantano come gli altri uccelli, ma fanno “cucucuuuuu” piangendo il loro destino.
Fiaba di Nusha Zhuba
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