SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

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CENNI STORICI SUL CADORE

ANNO 1915

Le operazioni dell’autunno

Le condizioni atmosferiche, intanto, erano venute sempre peggiorando. Tuttavia, prima che sopravvenisse l’inverno, il nuovo comandante dell’Armata del Cadore, tenente generale conte Mario Nicolis di Robilant, succeduto alla fine di settembre al generale Nava, volle tentare ancora un attacco a quelle posizioni, il cui possesso ci avrebbe consentito una più conveniente sistemazione per l’imminente inverno ed una migliore preparazione per le future operazioni della primavera.

Sulla fronte del 1° Corpo d’Armata si svolse quindi, nella seconda quindicina di ottobre, tutta una serie di audaci operazioni sul gruppo del Cristallo, sul Forame, sul Rauchkofel (M. Fumo), sullo Schonleiten (Costa Bella); posizioni di alta e rude montagna, dove, più che la guerra, era possibile soltanto una vera guerriglia, da camosci, e l’ardimento individuale si sostituiva all’impeto dei molti. Gli alpini del Cadore sullo Schonleiten, i fanti della Como sul Rauchkofel e sul Forame si prodigarono in ardimenti ed olocausti generosi, attraverso salti di roccia e guglie ghiacciate, ma quasi sempre essi furono ribattuti dall’avversario, inaccessibile nei suoi nidi d’aquila. Sul Cristallo, tuttavia, si riuscì a raggiungere, dopo lunghi sforzi, la linea di cresta che prospetta la Val Grande.

Carattere più organico e risolutivo ebbero le operazioni svoltesi nel settore del IX Corpo d’Armata, iniziate il 18 ottobre stesso. Prelusero all’attacco, nella notte dal 17 al 18, alcuni tentativi di sorpresa, condotti da pochi audaci, al Sasso di Mezzodì ed al Col di Busa (nord della Marmolada), alla selletta tra Sief e Settsass, al Castelletto della Tofana, al Sasso di Stria; sventati dal nemico i primi, un ardito ufficiale dell’81° Fanteria, il sottotenente Mario Fusetti (Medaglia d’Oro) riuscì ad inerpicarsi, con pochi uomini, sulla cuspide più alta del Sasso di Stria ed a piantarvi una bandiera, ma contrattaccato da forze soverchianti, gloriosamente lasciava, nell’impari lotta, la vita.

La 17ª Divisione, intanto, attaccava da Cima Falzarego a Monte Sief, ma solo sulla destra riusciva ad ottenere qualche vantaggio, con la conquista di uno sperone del  Piccolo Lagazuoi (denominato poi Punta Berrino, dal nome del capitano che guidò l’assalto alle posizioni e vi lasciò dopo qualche giorno la vita) e di una cengia sottostante alla quota più alta del Lagazuoi, (chiamata Cengia Martini dal nome del Comandante del Battaglione Val Chisone cui fu dovuta la conquista), nonché col completamento dell’occupazione di Cima Falzarego (20 ottobre). Sul resto della fronte attaccata, però, l’azione si risolse in una serie logorante di cruenti e vani tentativi contro la salda organizzazione difensiva austriaca, segnati da innumeri atti di valore di comandanti e gregari. Meritevole di particolare menzione, quello del sottotenente Alberto Verdinois, portabandiera dell’82° Fanteria che, assunto volontariamente il comando di un reparto rimasto senza alcun ufficiale, si lanciò con esso all’assalto, cadendo colpito a morte (Medaglia d’Oro).

Altrettanto vigorosamente la 18ª Divisione serrava da presso le difese del Lana, dal diroccato forte  La Corte alle pendici del Sief.

All’ala sinistra (fronte Cherz – La Corte) la resistenza avversaria poté aver ragione del valore delle nostre fanterie, ma sul Col di Lana, il giorno 23, una colonna composta da due battaglioni del 59° Fanteria (Brigata Calabria) ed uno del 51° (Brigata Alpi), al comando del tenente colonnello Garibaldi, conquistava un fortino nemico poco sotto la sommità del Cappello di Napoleone, ed il 26, in pieno mezzogiorno, riusciva ad espugnare la temuta posizione. Nei giorni 27 e 28 seguitò accanitissima la lotta per il possesso del Panettone, che, nonostante l’accorrere di rinforzi avversari, veniva anch’esso conquistato, con gran numero di prigionieri, nel  pomeriggio del 29, da un battaglione della Brigata Basilicata.

Proseguiva quindi risolutamente la colonna Garibaldi verso gli ultimi baluardi di vetta; due giorni dopo strappava all’avversario un'altra munita posizione detta Montucolo, ad ovest del Pannettone, ed il 7 novembre, finalmente, il terzo battaglione del 60° fanteria, con un brillante assalto, piombò fulmineo sui difensori della Cima Lana, li sgominava, e piantava la bandiera italiana sulla quota 2464.

Purtroppo fu di breve durata il trionfo, ché la notte stessa , dopo aver scatenato sulla cima sconvolta un furioso fuoco di artiglieria, il nemico passava al contrattacco e riusciva a riconquistare la posizione perduta.

Nei giorni 19, 20, 21, le Brigate Alpi e Calabria davano ancora, con reiterati attacchi, un nuovo, largo tributo di sangue al Calvario Cadorino, ma dovettero alla fine appagarsi di scavare le loro trincee poco sotto la vetta.

Le nevicate di fine novembre e dei primi di dicembre vennero ad imporre, al fine, una tregua sulle tormentate posizioni. Cinque mesi di sforzi quasi continui non erano valsi a vincere la valida resistenza degli sbarramenti avversari; per riuscire nell’intento di isolare il saliente tridentino, sarebbe stato necessario uno sforza più poderoso, con l’impiego di ben più ingenti mezzi di lotta.

Perduto il momento, forse propizio, nel quale una decisa e rapida avanzata avrebbe dovuto portare ad una promettente sorpresa, la montagna confermò la sua legge: inutile darvi di cozzo, senza una compiuta preparazione ed una grande superiorità di mezzi di lotta.

Nel quadro generale della guerra, però, queste operazioni della IVª Armata, non furono prive di valore perché la tenacia e la continuità della nostra minaccia verso le vitali arterie dell’avversario costrinsero questo ad impegnare in Cadore forze sempre più numerose che avrebbero potuto altrimenti gravitare sulla fronte principale dell’Isonzo.

Tratto da:

CENNI STORICI SUL CADORE

edito dalla

BRIGATA ALPINA CADORE

SM – UFFICIO OAIO

Generale di Brigata (ris) Antonio GELSOMINO

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