SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

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CENNI STORICI SUL CADORE

ANNO 1916

L’estrema rigidezza del clima, la difficile percorribilità del terreno, accresciuta dalla copiosa precipitazione delle nevi, l’impellente necessità di creare i ripari per lo svernamento in alta montagna imposero, su tutta la fronte della IVª Armata, una lunga sosta  alle operazioni di guerra.

Durante questi mesi invernali, però, fu dappertutto un vivo fervore di opere, sia per la sistemazione delle posizioni raggiunte, sia per la preparazione alla ripresa della lotta. Si tracciarono strade e camminamenti, si scavarono gallerie-ricoveri e gallerie a carattere offensivo, si costruirono baraccamenti in legno ed in cemento, si piazzarono nuove batterie, si drizzarono ardite teleferiche, si installarono riflettori ed osservatori, anche sulle vette più alte, quali quelle delle Tofane e la Cima Grande di Lavaredo.

Le numerose valanghe che caddero nella zona, vollero le loro vittime; oltre 400 furono i morti e circa 150 i feriti. Tuttavia i reparti, con quello spirito di adattabilità e quella fertilità di ripieghi che sono qualità caratteristiche del soldato italiano, seppero affrontare ovunque e superare con animo forte e sereno i disagi ed i pericoli della cruda stagione.

 

Azioni alpine.

Non appena fu consentito dalla stagione; le nostre truppe ripresero qua e là le loro attività offensive.

Avendo ormai il Comando Supremo rinunziato ai progetti di attacchi in grande stile nelle zone Cadorine e Carnica, le operazioni che in esse si svolsero da questa ripresa primaverile in poi ebbero carattere essenzialmente locale e furono dirette soprattutto a migliorare la nostra sistemazione offensiva ed a tenere avvinto a quei settori montani il maggior numero di truppe possibili.

Tra queste prime azioni del marzo-aprile 1916, ricorderemo anzitutto un ardito tentativo di conquista del monte Rauchkofel (M. Fumo), compiuto da un riparto del 23° Fanteria al comando del capitano BOSIO, negli ultimi giorni di marzo. Nella notte del 30, l’ardito manipolo riuscì ad inerpicarsi fin sulla selletta sottostante la vetta del monte (m. 1979), ove si sostenne per quattro giorni, malgrado che fosse fatto segno a tiro intenso con gas asfissianti e lacrimogeni. Ridotto alla metà degli effettivi, il drappello fu sostituito, nella notte del 2, da un reparto misto di fanti ed alpini, che tenne eroicamente testa a quattro violenti contrattacchi avversari, perdendo il suo comandante, capitano Bertoldi, e due terzi degli uomini. La sera del 6; finalmente i pochi superstiti furono costretti a cedere a forze assolutamente soverchianti e ad abbandonare la posizione, con tanto valore difesa.

Nella zona del IX Corpo d’Armata, il 6 aprile, pattuglie ardite del 51° Fanteria riuscivano a raggiungere la Punta Serauta (m. 2961), nel massiccio della Marmolada. Due volte la posizione veniva riperduta, in seguito ad ostinati contrattacchi avversari, ma alla fine, negli ultimi giorni del mese, un ardito reparto del 51°, al comando del capitano Menotti Garibaldi, raggiunta dopo lunghi e tenaci sforzi la posizione più alta di Pizzo Serauta (m. 3035) e calatosi, mediante cordate, sulla sottostante Punta, obbligava il presidio austriaco alla resa.

Un altro episodio di guerra alpina e che merita particolare menzione per l’abilità con la quale l’operazione fu preparata ed eseguita e per le difficoltà che si dovettero superare, fu quello che ci dette il possesso del Passo della Sentinella, importante insellatura profondamente incisa tra le guglie dolomitiche di Cima Undici (m. 3092) e di Croda Rossa (m. 2995), che mette in comunicazione l’alta Val Padola con la Valle di Sexten (Sesto). Il nemico occupava saldamente il passo ed una delle cime di Croda Rossa, della quale aveva fatto un ottimo osservatorio per le sue artiglierie postate in Val di Sexten.

Con due mesi circa di sforzi tenaci venne preventivamente occupata la Cima Undici. Nella notte del 16 aprile, quindi, fu raggiunto di sorpresa il Pianoro del Dito, specie di terrazzo sul lato orientale del Passo, mentre su questo si calava arditamente da Cima Undici un reparto del Battaglione Cadore e, contemporaneamente, irrompevano altre truppe direttamente da sud, sbaragliando i difensori. La riuscitissima azione valse la concessione dell’ordine militare di Savoia al generale Venturi, comandante del settore, che l’aveva concepita e diretta, e quella della medaglia d’oro all’aspirante ufficiale Italo Lunelli, volontario trentino, il quale era stato l’anima della audacissima scalata di Cima Undici e della conquista del Pianoro del Dito. E’ anche doveroso ricordare l’opera avveduta ed ardita del capitano G. Sala e dei suoi alpini per la riuscita della brillante azione.

Tratto da:

CENNI STORICI SUL CADORE

edito dalla

BRIGATA ALPINA CADORE

SM – UFFICIO OAIO

Generale di Brigata (ris) Antonio GELSOMINO

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