SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

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Vittorio Veneto

Vittorio Veneto, come abbiamo scritto, è la naturale conclusione dello scontro iniziato sul Piave il 15 giugno 1918. E’ lo sfruttamento italiano di quel successo, ritardato, in vero, di qualche mese per esigenze organizzative, che erano state valutate realisticamente dal Comando Supremo (in coraggioso contrasto con i desideri e gli apprezzamenti del Comandante Unico alleato, Generale Foch). Diaz comprese che non all’immediatezza della controffensiva bisognava tendere, bensì a garantirne il sicuro e definitivo successo. Ebbe quindi ragione nel resistere e respingere le ripetute sollecitazioni alleate.

Sarebbe stato indubbiamente desiderabile che l’esercito italiano, dopo la netta vittoria sul Piave, fosse in condizioni di scatenare un’offensiva volta a riconquistare i territori invasi dal nemico. Al Comando Supremo Italiano non sfuggiva però che affrontare in campo aperto l’ancora numeroso esercito austriaco, appoggiato a fortissime posizioni montane e al Piave nel complesso inguadabile, non era impresa da intraprendere senza una adeguata e scrupolosa preparazione. Ed ancora, occorreva provvedere alla messa a numero di ingenti materiali, inesistenti al termine del giugno 1918.

I combattimenti offensivi fra Piave Vecchia e Piave Nuova dei primi di luglio avevano dimostrato del resto quale prezzo doveva essere pagato per ogni metro di territorio da riconquistare

Gli Alleati chiedevano, invece, che sul fronte italiano già in estate fosse impegnato il maggior numero di forze austriache, affidando ancora all’Esercito italiano la funzione spettatagli nell’economia generale del conflitto mondiale, impegnato come lo era stato sempre contro forze superiori alle proprie*.

Durante l’estate, gli imponenti preparativi per le operazioni offensive italiane furono portati avanti con alacrità: tra l’altro il numero delle nostre bocche da fuoco aumentava di 700 unità, mentre una crescente attenzione veniva dedicata all’addestramento del personale tutto ed al perfezionamento della sua preparazione spirituale.

Vittorio Veneto è battaglia offensiva e vittoria italiana cui gli alleati concorsero in misura quantitativamente limitata. Italiana fu la concezione operativa, brillante nella sua semplicità ed arditezza; essenzialmente italiane le forze ed i mezzi (i carri armati, che Foch giudicava il mezzo cui doveva ricorrere l’attaccante per aver ragione della difesa, non potevano trovare proficuo impiego sul nostro terreno, prevalentemente montano).

A Vittorio Veneto, dopo anno di estenuante guerra di logoramento, non fu più il numero, la forza materiale a trionfare, bensì la qualità. L’Esercito italiano, che aveva già impiegato sul Piave i “ragazzi del 99”, affrontò la prova conclusiva con quasi 200 mila soldati in meno che a giugno, ma con un elevato livello di efficienza spirituale, ed addestrativa. La Marina e l’Aereonautica diedero prova di altrettanta efficienza ed aggressività; il paese tutto fu consapevole che la grande prova della verità iniziata a Caporetto, stava giungendo a suo epilogo e vi si presentò preparato.

 

Si combatté con un accanimento inaudito dal 24 al 28, e fino al 30 ottobre. Dovemmo vincere “anche” la piena del Piave e l’imperversare della febbre “spagnola”; ma lottammo soprattutto per sfondare, col VI Corpo d’Armata, sul Grappa, cardine e quindi punto sensibile e forte dello schieramento difensivo austriaco.

Ai primi di novembre, a sfondamento avvenuto, la dissoluzione dell’esercito austriaco venne accelerata da agitazioni separatiste delle varie nazionalità presenti nell’Impero**.

E’chiaro tuttavia che è solo merito dell’azione militare italiana aver preparato, con la sconfitta dell’esercito austriaco, le condizioni per lo sviluppo ed il manifestarsi di tali sentimenti.

Le perdite italiane nella battaglia di Vittorio Veneto furono – purtroppo – non lievi (circa 40.000 uomini) e testimoniano da sole la violenza dello scontro.

Il bollettino austriaco così espose la situazione del 27 ottobre: “Presso Valdobbiadene reparti nemici poterono guadagnare la riva sinistra. Furono respinti in massima parte. A valle di Vidor il nemico riuscì a forzare il passaggio con forze più grandi. Le nostre truppe gli si gettarono incontro al contrattacco. A sera combattevano preso i villaggi di Moriago e Sernaglia. Da Papadopoli gli inglesi si spinsero fino a Tezze e S. Polo di Piave. Il punto di irruzione profondo da due o tre chilometri fu chiuso ai fianchi dalle nostre valorose truppe contendenti il terreno palmo a palmo. Da stamattina nuovi combattimenti sono in corso sul Piave”.

La ricostruzione degli avvenimento salienti della battaglia di Vittorio Veneto mostra che all’inizio della nostra offensiva l’esercito austriaco era ancora saldo ed appariva tale almeno fino al forzamento del Piave da parte italiana.

A proposito dell’ordine di passare il Piave impartito nella notte sul 27 ottobre, ma maturato fino dal 25, deve essere sottolineata la responsabilità che una decisione di tanta portata implicava per il nostro Comando Supremo: in caso di insuccesso avremmo subìto identica sorte toccata nel giugno all’esercito austriaco, costretto a ripassare il fiume, confessando la completa sconfitta. Fino al momento della grave decisione, la nostra Armata del Grappa si era trovata il passo saldamente sbarrato dall’esercito austriaco, mentre nulla era trapelato delle poche defezioni che cominciavano a verificarsi nel campo nemico (e che si sarebbero estese solo a partire dal giorno 27).

 

* Solo 4 divisioni austriache furono spostate in Francia nel corso dell’anno 1918.

** L’Italia aveva del resto compreso il valore della lotta delle nazionalità ribelli alla duplice monarchia degli Asburgo. Aveva curato l’organizzazione di una legione Cecoslovacca (ben 30 mila ex prigionieri di guerra) e di una legione Rumena, forze queste, che se non poterono partecipare direttamente alle nostre grandi operazioni, poterono essere considerate “alleate” dell’Intesa.

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Valore e significato di Vittorio Veneto

 

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