SCUOLA SCIENTIFICA TESLIANA DI NATUROPATIA OLISTICA

cacio

LA FABBRICAZIONE DEL CACIO

Non bisogna di certo lasciar da parte la fabbricazione del cacio, specialmente nelle regioni lontane dove non è conveniente trasportare il latte munto. Se il cacio si fa con latte leggero, bisogna venderlo al più presto possibile, mentre ritiene ancora il succo fresco; se invece si fa con latte ricco e grasso, si può conservare più a lungo e deve essere sempre fatto con latte sincero e freschissimo. Invece quello che è rimasto in riposo per molto tempo dopo la mungitura e quello che è stato mescolato con acqua, ben presto inacidiscono.

Conviene coagulare il latte con caglio di agnello o di capretto quantunque si possa anche rapprendere col fiore di cardo silvestre o con semi del cartamo e con latte di fico, che l’albero emette se si incide la sua corteccia verde. In ogni modo il cacio migliore è quello che è stato fatto col minimo possibile di medicamento; e il minimo del caglio che una coppa di latte può ricevere è il peso di un denaro d’argento.

Non c’è dubbio che il cacio rappreso con rametti di fico abbia un ottimo sapore. Il secchio della mungitura, quando è stato riempito di latte deve essere tenuto a un certo tepore, ma non deve essere esposto all’alta fiamma come ritiene qualcuno; si ponga invece non lontano dal cuoco, e appena il latte si sarà cagliato, subito si versi in ciotole di giunco o in panieri di vimini, o nelle forme, perché è molto importante lasciar scolare il siero fino al primo momento e pressare la materia coagulata.

Per questo i campagnoli non aspettano che scoli da solo a poco a poco, ma appena il cacio ha acquistato una certa consistenza, vi pongono sopra dei pesi che facciano uscire il siero poi, quando lo hanno tolto dalle forme e dai panieri lo collocano in luogo scuro e fresco perché non vada a male, su tavole pulitissime, che cospargono di sale in polvere perché trasudi ogni succo acidulo; quando si è maggiormente indurito, si preme con grande forza, perché assuma compattezza, e di nuovo si spolverizza di sale fino e si fa addensare, mettendovi sopra dei pesi.

Quando questo è stato fatto per nove giorni, si lava con acqua dolce e si pone in un luogo ombroso e su tralicci fatti a questo scopo, disponendolo in modo che una forma non tocchi l’altra, e si lascia seccare immediatamente. Poi, perché rimanga più tenero, si ammucchia in un luogo chiuso e non esposto al vento, su diversi tavolati. Così non risulta né pieno di buchi, né salato, né secco; dei quali difetti il primo suole verificarsi se il cacio è stato poco pressato, il secondo se è stato troppo salato, il terzo se è stato inaridito dal sole. Questo tipo di cacio può anche mandarsi al di là del mare; quello invece che si deve consumare fresco pochi giorni dopo che è stato fatto si fabbrica con meno impegno.

Tolto dalle fiscelle, si mette in un bagno di sale o di salamoia e poi si lascia asciugare un poco al sole. Alcuni, prima di cingere le bestie col collare, mettono nel secchio della mungitura delle pigne verdi e poi mungono sopra di esse e non le tolgono se non quando travasano nelle forme il latte rappreso. Altri pestano i pignoli verdi e li mescolano al latte, e così lo fanno rapprendere. Ci sono anche di quelli che fanno rapprendere insieme col latte del timo triturato e passato al setaccio. E similmente potresti dare al cacio il sapore che vuoi, aggiungendovi il condimento preferito. Assai conosciuta è poi la maniera di fare il cacio che diciamo “pressato a mano”.

Infatti il latte leggermente rappreso nel secchio della mungitura, fin che è tiepido, si separa dal siero e, gettandovi poi dell’acqua bollente, si foggia a mano, oppure si preme in forme di bosso. Viene anche di sapore gradevole se si fa indurire in salamoia e poi si colora col legno di melo o fumo di paglia. Ora torniamo ormai alla nostra trattazione.

De re rustica (50 d.C.)

Lucio Giunio Moderato Columella

Libro Settimo, 8, 2-8

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